Sviluppi relativi alle analisi delle micotossine: un aggiornamento per il 2018/2019 – Ruminantia – Web Magazine del mondo dei Ruminanti

2022-10-22 19:32:12 By : Ms. dongdg zheng

Abstract Introduzione Campionamento Metodi multi-micotossine Aflatossine Tossine dell’Alternaria Alcaloidi dell’Ergot Fumonisine Ocratossine Patulina Tricoteceni Zeralenone Riconoscimenti Riferimenti

Questa review riassume gli sviluppi sulle analisi delle micotossine in varie matrici, pubblicate nel periodo che va dalla metà del 2018 alla metà del 2019. I metodi analitici per determinare le aflatossine, le tossine dell’Alternaria, gli alcaloidi dell’Ergot, le fumonisine, le ocratossine, la patulina, i tricoteceni e lo zearalenone sono trattati in singole sezioni. Anche i progressi delle strategie di campionamento sono discussi in una sezione dedicata. Inoltre, sono stati sottoposti a review gli sviluppi raggiunti per i test multi-micotossina, che comprendono metodi basati sulla spettrometria di massa così come i semplici test immunologici. Questa importante review mira a presentare brevemente i più importanti e recenti sviluppi e i trend più adatti per la determinazione delle micotossine, cercando anche di far fronte ai limiti delle metodologie presentate.

Parole chiave: campionamento, analisi multi-micotossina, aflatossine, tossine dell’Alternaria, alcaloidi dell’Ergot, fumonisina, ocratossina A, patulina, tricoteceni, zeralenone, controllo qualità

Questo articolo è l’ultimo di una serie di review annuali che mostrano gli sviluppi dei metodi analitici per la determinazione delle micotossine, che prosegue la precedente review condotta partendo dalla metà del 2017 fino alla metà del 2018 (Tittlemier et al., 2019a). Come nelle precedenti review di questa serie, il nostro scopo principale è quello di far conoscere gli sviluppi e i progressi dei metodi analitici per la determinazione delle micotossine pubblicati tra la metà del 2018 e la metà del 2019. Questa review andrà a completare altre recenti review generali condotte sui metodi di screening per le micotossine da Santana Oliveira et al. (2019) e da Nolan et al. (2019). Come per gli anni passati, in questa review viene analizzata una selezione dei più nuovi ed importanti progressi ottenuti nel campo delle metodologie analitiche, contrapponendoli ai progressivi miglioramenti fatti dalla metodologia meno recente. Questa review non ha l’obiettivo di essere un elenco esaustivo di pubblicazioni sui metodi analitici per le micotossine. Sono previsti commenti critici sui metodi inclusi, sui loro parametri di validazione o sulla loro peculiare applicazione, allo scopo di guidare i lettori nella determinazione dell’impatto di tali sviluppi. Questa review dovrebbe quindi interessare sia i “veterani” che si occupano di micotossine sia i nuovi soggetti che si stanno approcciando a questo campo di studio. Alla luce delle numerose nuove pubblicazioni che si sono avute negli ultimi anni, vorremmo incoraggiare gli analisti ad andare oltre la fase di “proof of concept” per quanto concerne la valutazione delle nuove metodologie o tecnologie, in modo tale da estendere la loro validità. La validazione deve andare al di là della valutazione di prestazioni basata su scenari a breve termine e strettamente controllati che utilizzano materiali di prova semplificati, come le soluzioni di micotossine in solvente. Deve essere condotta una valutazione approfondita delle prestazioni del metodo che deve prevedere opportune matrici, concentrazioni di analita rilevanti, nonché variazioni realistiche delle condizioni del test che si possono verificare nel tempo e con la varibilità degli operatori. Gli argomenti specifici inclusi in questa review sono: campionamento (sezione 2), metodi multi-micotossine (sezione 3), aflatossine (sezione 4), tossine dell’Alternaria (sezione 5), alcaloidi dell’Ergot (sezione 6), fumonisine (sezione 7), ocratossine (sezione 8), patulina (sezione 9), tricoteceni (sezione 10) e zearalenone (sezione 11).

Le ricerche condotte sul campionamento e sull’elaborazione dei campioni pubblicate nell’ultimo anno affrontano un’ampia gamma di tematiche. Tali tematiche riguardano il rapporto costo-efficacia dei vari piani di campionamento (Focker et al., 2018), le considerazioni logistiche da tenere a mente per lo sviluppo di piani di campionamento per studi di ricerca (Pitt, 2019), l’esecuzione dei diversi processi di campionamento (Mallmann et al., 2018), i nuovi metodi di campionamento (Ahmed et al., 2018) e gli effetti del trattamento del campione sull’accuratezza e sulla precisione delle analisi per le micotossine (Damiani et al., 2019); Kumphanda et al., 2019).

Focker et al. (2018) hanno costruito un modello, basato sui risultati storici provenienti dal programma di monitoraggio olandese, per determinare quale piano di campionamento e quali analisi fossero più convenienti per attenersi alle normative dell’Unione Europea (UE), per il deossinivalenolo (DON) nel grano e per l’aflatossina B1 (AFB1) nel mais destinato al consumo umano o alla realizzazione di mangimi. Il loro modello massimizzava il numero di decisioni corrette accettate/rifiutate all’interno di un certo numero di budget stabiliti variando il metodo analitico utilizzato (cromatografia liquida con spettrometria di massa tandem, saggio immunoenzimatico (ELISA) o i dispositivi a flusso laterale (LFD), il numero di campioni elementari prelevati dal lotto di cereali e combinati in un campione aggregato e il numero di quote del test analizzate dall’aggregato sminuzzato. In termini di costi, i piani più convenienti per una partita di cereali alla rinfusa erano quelli che impiegavano metodi strumentali o ELISA. Per l’AFB1 nel mais, il piano ottimale per tutti i budget superiori ai 500 euro raccoglieva il maggior numero possibile di campioni incrementali, grazie alla maggiore eterogeneità delle aflatossine nel mais rispetto all’eterogeneità della distribuzione del DON nel grano. La percentuale di decisioni corrette nei piani per l’AFB1 variava dall’87.9 al 92.4%. Per il DON nel grano, c’era una differenza minima tra i vari piani di campionamento; la percentuale di decisioni corrette variava dal 96.2 al 98.5%. Focker et al. (2018) hanno incluso un’ottima discussione su come le loro ipotesi di costo abbiano avuto un impatto sui risultati del modello, pertanto si consiglia vivamente ai lettori di valutare come i propri costi si allineino con i presupposti utilizzati in questo documento prima di intraprendere piani analoghi.

Il recente articolo di opinione di Pitt (2019) sul biocontrollo per la riduzione delle aflatossine nel mais, contiene un’ottima discussione sulle sfide riguardanti la valutazione delle concentrazioni di aflatossine nel mais sulla base del campionamento e della processazione del campione. In particolare, Pitt ha utilizzato il FAO Mycotoxin Sampling Tool disponibile online (FAO, 2013) per determinare i limiti di confidenza dei risultati sulle aflatossine riportati negli studi pubblicati per il mais, nonché per stimare i relativi contributi del campionamento, della processazione del campione e dell’analisi della varianza totale dei risultati sull’aflatossina. La sua discussione dimostra chiaramente che in uno studio, la mancanza di replicazione al momento della fase di campionamento e di elaborazione del campione, ridurrà notevolmente, o addirittura eliminerà, la capacità di discernere statisticamente le differenze tra i trattamenti. L’articolo di Pitt evidenzia anche la necessità di fare una riflessione sull’impatto di un accurato piano di campionamento, attraverso un’attenta discussione di come i numerosi kg di mais necessari per minimizzare la varianza (mediante l’impiego di repliche del campione e di campioni di grandi dimensioni), potrebbero non essere raggiungibili in situazioni laddove la resa dei produttori può essere solamente di 1-2 tonnellate.

Mallmann et al. (2018) hanno valutato la presenza di micotossine nel mais e nel grano mediante due processi di campionamento che prevedevano l’utilizzo di una sonda pneumatica per il campionamento di grano, immagazzinato in silos che ne contenevano circa 1000 tonnellate, a seconda dei diversi modelli di sondaggio. L’elaborazione del campione è stata scrupolosa e tenuta in particolare considerazione, poiché i campioni relativamente grandi (triplicare i campioni da 4 e da12 kg per ogni localizzazione nei rispettivi processi di campionamento) sono stati macinati grossolanamente prima della suddivisione con un separatore di tipo riffle e sottoposti ad un ulteriore sminuzzamento. Mallmann et al. non hanno osservato una differenza significativa tra i due processi di campionamento per quanto concerne la variabilità dei risultati relativi ad aflatossine, fumonisine o zearalenone (ZEN) nel mais o ZEN nel grano. Hanno tuttavia evidenziato che il coefficiente di variabilità del DON era significativamente più basso (10.1 vs 22.2%) quando veniva preso in esame il metodo di sondaggio, che prevedeva l’acquisizione del campione sezionando il silos contenente il grano in tre strati orizzontali lungo tutta l’altezza del silos stesso, rispetto ad un sondaggio che copriva l’intera profondità del silos ma in un singolo punto di campionamento. Mentre si è discusso su come la variabilità spaziale della presenza di micotossine all’interno di un silos potesse essere dovuta alla segregazione delle particelle durante il suo riempimento, gli autori non hanno indagato se la rimozione del grano dalle varie posizioni nei silos potesse aver perturbato la struttura o la dimensione della contaminazione da micotossine localizzate e se potesse aver influenzato la varianza tra i replicati. Queste considerazioni sottolineano la complessità degli studi sperimentali nella valutazione degli effetti della campionatura dei prodotti sfusi.

La prova di concetto per il campionamento dello spazio di testa intorno alle colonie fungine, utilizzando nuovi metodi passivi ed attivi, è stata dimostrata da Ahmed et al. (2018). Sostanze volatili associate alla biosintesi di micotossine da parte di Aspergillus fumigatus sono state raccolte utilizzando tubi per desorbimento termico contenenti un polimero organico poroso (Tenax TA) e carbon black grafitato (Carbograph 5 TD) come adsorbenti. Pur non essendo direttamente incentrato sull’analisi delle micotossine, questo lavoro è comunque rilevante in quanto gli autori hanno notato che alcune delle sostanze volatili erano specificamente associate o a fasi di crescita fungina precoci (pirazina e metilpirazina) o a fasi più tardive (terpeni). Queste osservazioni sottolineano la necessità, quando si studia un sistema dinamico, di considerare  il periodo di tempo del campionamento.

Damiani et al. (2019) hanno esaminato l’effetto della dimensione delle particelle di mais sminuzzato sull’efficacia dell’estrazione della fumonisina B1 (FB1) e della fumonisina B2 (FB2). Il mais sminuzzato è stato suddiviso in base alle dimensioni delle particelle e quindi analizzato per le due fumonisine. In tutti e quattro i campioni naturalmente contaminati, l’efficacia dell’estrazione da ogni frazione aumentava man mano che le dimensioni delle particelle diminuivano. Le concentrazioni nelle frazioni con dimensioni delle particelle più piccole di 250 μm erano da 1.3 a 4 volte superiori rispetto alle concentrazioni misurate nelle quote di mais macinato non frazionato. Gli autori hanno attribuito questo ad un incremento dell’area disponibile per l’estrazione con solvente delle fumonisine e quindi c’è stato poco o nessun impatto dovuto alla diffusione dell’analita dall’interno del materiale solido alla sua superficie esterna. Questo lavoro dimostra che la triturazione del campione in particelle con dimensioni più piccole potrebbe non solo ridurre la varianza dei risultati dei test, ma potrebbe anche influenzare l’accuratezza dei risultati dei test.

Kumphanda et al. (2019), durante l’analisi delle micotossine nel mais, si sono concentrati anche sugli effetti della lavorazione cui sono sottoposti i campioni, nell’ambito di una riduzione al minimo dei costi associati all’estrazione e all’analisi di aliquote più grandi impiegate per i test e comunemente raccomandate per ridurre la varianza dei dati. Questo studio approfondito prevedeva una serie di esperimenti. Un esperimento caratterizzava la preparazione del campione e la varianza analitica con l’impiego di aliquote di prova (50 e 12.5 g) preparate macinando campioni di laboratorio con un mulino Romer, così come la dimensione ottimale dell’aliquota di “slurry” per il test (25 g) determinata in un esperimento preliminare. Le relative varianze medie combinate erano, rispettivamente, di 15:5:1 per la macinazione a secco da 12.5 g, per la macinazione a secco da 50 g e per le aliquote di “slurry” da 25 g. Infatti la varianza nelle concentrazioni di aflatossine, ottenuta dalle aliquote per i test sullo “slurry”, era abbastanza bassa da essere paragonabile alla varianza dovuta al particolare immunodosaggio fluorimetrico usato per quantificare le aflatossine. Gli autori hanno discusso le differenze di varianza osservate tra le diverse aliquote dei test  nel contesto della massa del campione e della dimensione delle particelle, ma purtroppo non hanno delineato le distribuzioni granulometriche prodotte dall’impiego del mulino Romer e le tecniche di miscelazione dello “slurry”. Poiché il mulino Romer sembrerebbe produrre una distribuzione granulometrica più grossolana rispetto ad altri macinatori (Tittlemier et al., 2017), il vantaggio dello slurry notato da Kumphanda et al. (2019) potrebbe non essere reale se venisse eseguita una macinazione a secco più intensa allo scopo di produrre particelle più piccole. Gli autori hanno anche notato una maggiore efficienza di estrazione per lo “slurry”, come è stato osservato per le frazioni con granulometria più piccola del mais da Damiani et al. (2019), suggerendo che il vantaggio ottenuto dall’impiego dello “slurry” era dovuto alle dimensioni più piccole delle particelle rispetto a quelle prodotte dal mulino Romer. Kumphanda et al. (2019) hanno anche fornito un’eccellente discussione sul “preoccupante” trend che prevede una riduzione delle masse delle aliquote di prova nelle pubblicazioni che riguardano l’analisi delle micotossine nei vari prodotti.

Data la disponibilità globale di strumentazione completa per la cromatografia liquida-spettrometria di massa (LC-MS), l’impiego di procedure generiche di preparazione del campione basate su QuEChERS (Quick, Easy, Cheap, Effective, Rugged and Safe) è, ad oggi, molto adottato per l’analisi multipla delle micotossine eseguita di routine. Questo approccio rappresenta la strategia più comunemente applicata quando si studiano le prospettive di analisi per nuovi binomi micotossina/materia prima. Detto ciò, le principali innovazioni di quest’anno sono relative alla sperimentazione di  nuovi materiali in grado di migliorare l’efficienza delle metodologie basate su QuEChERS.

Una metodica ad altissime prestazioni che prevede l’impiego di cromatografia liquida-spettrometria di massa in tandem (UHPLC-MS/MS) basata sulla procedura QuEChERS, che include uno step di estrazione in fase solida dispersiva (dSPE) con un adsorbente C18, è stata messa a punto per la determinazione di micotossine come α-zearalenolo (α-ZEL), ZEN, AFB1, aflatossina B2 (AFB2), aflatossina G1 (AFG1) e aflatossina G2 (AFG2) negli oli alimentari (Hidalgo- Ruiz et al., 2019). In contrasto con il trend comune, che prevede l’inclusione del maggior numero possibile di micotossine/materie prime, il lavoro di Hildago-Ruiz et al. (2019) si rivolge ad un target scientificamente adeguato ed è dedicato a un solo prodotto, sebbene includa un’ampia gamma di tipologie rappresentative, ovvero diversi oli d’oliva (olio extra vergine di oliva, olio di oliva, olio di oliva lampante e olio di oliva raffinato), due tipologie di olio di sansa, due tipologie di olio di girasole, olio di soia e olio di mais. Ciò ha permesso ai ricercatori di studiare a fondo la variabilità degli effetti della matrice, al fine di valutare se fosse possibile utilizzare una curva di calibrazione assistita comune. Si è visto che, per la maggior parte delle matrici, gli effetti della matrice erano analoghi a quelli dell’olio extra vergine di oliva, ad eccezione  dell’olio di sansa grezzo, nel quale era presente un forte effetto di soppressione degli ioni per le aflatossine, e che era l’unico che necessitava di una specifica curva di calibrazione assistita per la matrice. Il metodo è stato validato ottenendo limiti di quantificazione di 0.5 μg/kg per le aflatossine e di 1 μg/kg per α-ZEL e ZEN, recuperi (valutati nell’intervallo 0.5-25 μg/kg) dall’80 al 120%, e valori di precisione intra e inter-giornalieri inferiori al 20%.  È stata valutata anche l’incertezza estesa, U, ed era inferiore al 32% a 25 μg/kg. Il metodo sviluppato è stato applicato per la determinazione delle sei micotossine in 194 campioni di olio, implementando una procedura interna di controllo della qualità per garantire l’affidabilità dei risultati. Questa prevedeva l’iniezione di un campione in bianco per verificare la presenza di interferenze e una curva di calibrazione matrix-matched utilizzando l’olio extra vergine di oliva e campioni addizionati per controllare l’efficienza dell’estrazione.

La frutta secca, come gli oli, rappresenta una matrice complessa le cui componenti principali sono i lipidi. Alcantara-Duran et al. (2019) hanno proposto un approccio alternativo che va a sostituire il tradizionale adsorbente ammina primaria/secondaria (PSA)/C18 con un nuovo adsorbente (Enhanced Matrix Removal (EMR) Lipid) per la fase dSPE nel processo QuEChERS. Gli autori hanno riferito sui dati ottenuti dal confronto dei due trattamenti per quanto riguarda gli effetti della matrice e i recuperi, dimostrando che l’utilizzo dell’adsorbente EMR-Lipid potrebbe migliorare significativamente le prestazioni del metodo quando si parla di frutta secca (mandorle, arachidi e pistacchi). Anche se la selezione delle micotossine bersaglio, che oltre alle aflatossine includeva alcune micotossine che solitamente non contaminano la frutta secca come gli alcaloidi dell’Ergot (EA), potrebbe essere discutibile, il lavoro di Alcantara Duran et al. (2019) può essere considerato un valido esempio di sviluppo della preparazione del campione specifico per la materia prima da esaminare, che ha cercato di far fronte ai problemi specifici derivanti dalla composizione della matrice. Nel complesso, il metodo è stato completamente validato rivelando tassi di recupero dal 75 al 98% e una precisione soddisfacente con relativi valori di deviazione standard ripetibili (RSDr) inferiori al 19%.

Tra i nuovi adsorbenti da utilizzare nei metodi di tipo QuEChERS, i nano materiali di carbonio, in particolare i nanotubi di carbonio a parete multipla (MWCNTs), vengono identificati come uno strumento promettente per l’analisi delle micotossine. Alcune applicazioni sviluppate nell’ultimo decennio, e riviste da Reinholds et al. (2019), hanno evidenziato i vantaggi dei MWCNT modificati magneticamente che consentono l’isolamento del campione attraverso la separazione magnetica, riducendo l’interazione delle nanoparticelle e migliorando il recupero delle micotossine. I MWCNT hanno strutture e caratteristiche speciali, tra cui un’ampia e specifica area di superficie e possono essere modificati, ad esempio, con l’introduzione di nanoparticelle di Fe3O4 che conferiscono proprietà magnetiche al materiale adsorbente. La separazione degli estratti e degli adsorbenti può essere effettuata immediatamente senza la necessità di centrifugare i dispositivi, diminuendo le tempistiche dell’analisi.

Ma et al. (2019), hanno studiato a fondo questa metodologia, sia per quanto concerne la composizione del solvente di estrazione sia per quanto riguarda la tipologia e la quantità di Fe3O4-MWCNT. Il lavoro ha portato alla messa a punto di un metodo UHPLC-MS/MS per la determinazione simultanea di 20 micotossine nei cereali. In condizioni ottimizzate, il metodo ha mostrato una linearità soddisfacente (r2 ≥ 0.9965), recuperi (73-113%), precisione (1.3-12.7%) e una sensibilità adeguate (limiti di quantificazione (LOQ) che vanno da 0.002 a 5.4 μg/kg). Tuttavia, questo adsorbente non è disponibile in commercio, pertanto la sintesi e la caratterizzazione (dimensioni e morfologia) dei compositi Fe3O4-MWCNT deve essere tenuta in considerazione durante la procedura analitica. Questo richiederebbe la disponibilità di tecniche come la microscopia elettronica a trasmissione, la diffrazione dei raggi X e le analisi spettroscopiche a infrarossi con trasformata di Fourier (FT-IR). Pertanto, nonostante le soddisfacenti prestazioni analitiche del metodo validato, ci dobbiamo porre alcune domande sulla sua riproducibilità e sulla sua trasferibilità ad altri laboratori. Un ulteriore esempio dell’impiego dei MWCNT, in combinazione con un adsorbente C18, lo ritroviamo in Jiang et al. (2018). Questo documento viene discusso più dettagliatamente nella sezione 10. Viene descritta un’attenta ottimizzazione della procedura dSPE per quanto riguarda i recuperi delle tossine e gli effetti di matrice, tuttavia nel manoscritto non sono riportati né la fonte dei MWCNT né il loro protocollo di sintesi e caratterizzazione, cosa che mette in discussione la riproducibilità del metodo in altri laboratori.

 Un metodo ad ampio spettro è stato sviluppato per l’analisi simultanea di citrinina (CIT) e ocratossina A (OTA) nei mangimi (pollo e maiale) e negli alimenti (prodotti a base di cereali, frutta, succhi di verdura, frutta secca, semi, erbe, spezie, prodotti vegetariani e a base di soia, bevande alcoliche, prodotti alimentari per l’infanzia e integratori alimentari) tramite UHPLC-MS/ MS (Meerpoel et al., 2018). Nonostante la semplicità del QuEChERS applicato (senza dSPE) nella procedura di preparazione del campione, si è posta particolare attenzione all’ottimizzazione della composizione del solvente di estrazione. Sono state impiegate miscele specifiche per la materia prima analizzata per tener conto delle differenze (ad es. nel contenuto di acqua o di grassi) tra i gruppi di prodotti coinvolti nell’analisi. È stata effettuata un’esauriente validazione del metodo secondo i criteri descritti nel Commission Regulation No 401/2006/EC (EC, 2006a) e nel Commission Decision No 2002/657/EC (EC, 2002). L’idoneità allo scopo del metodo è stata dimostrata tramite l’analisi di 90 campioni di mangime con diversa composizione, che ha rivelato la presenza simultanea di CIT (< LOQ-390 μg/kg) e OTA (< LOQ-5,60 μg/kg) in più del 50% di questi prodotti. È interessante notare che gli autori hanno esaminato l’applicabilità del metodo sviluppato alle matrici appartenenti allo stesso gruppo di materie prime, come definito nel Commission Regulation  No 519/2014/UE (EC, 2014). Per ogni gruppo di materie prime è stata utilizzata una calibrazione matrix-matched “comune”. Quest’ultimo aspetto è sicuramente in linea con i prossimi sviluppi delle linee guida per la convalida dei metodi di analisi (multi)-micotossina. La classificazione degli alimenti/mangimi in “gruppi di materie prime”, che implica la validazione del metodo per una materia prima rappresentativa per ciascun gruppo (CE, 2014), è un esempio degli approcci più pratici presi in prestito dalle linee guida di convalida stabilite per i residui dei pesticidi (CE, 2017).

Le attuali linee guida per la validazione e gli strumenti per la valutazione delle performance dei metodi LC-MS destinati alla determinazione quantitativa e allo screening semiquantitativo di più micotossine, sono stati rivisti da Pascale et al. (2019). Gli autori della review hanno cercato di affrontare la questione dell’idoneità allo scopo degli attuali criteri di accettazione e delle performance dei metodi per l’individuazione delle micotossine in vista del trend osservato che porta verso l’impiego di metodi sviluppati internamente piuttosto che di metodi convalidati in collaborazione, e del passaggio dai classici metodi standard per le micotossine singole ai metodi multi-micotossina basati su LC-MS/MS che si sta verificando rapidamente (in effetti troppo rapidamente affinché l’adeguamento degli standard possa tenere il passo con tali progressi). È fortemente consigliato anche un riesame delle linee guida per la validazione e dei criteri per le performance dei metodi di screening LC-MS. Le linee guida specifiche per la convalida e la verifica dei metodi di screening delle micotossine stabilite nel Commission Regulation No 2014/519/UE (CE, 2014) sono un primo passo in questa direzione.

Tra gli strumenti disponibili per il controllo della qualità, utili a garantire il rispetto dei criteri di performance, le micotossine marcate continuano ad essere essenziali per garantire una quantificazione accurata, nonché una corretta gestione degli effetti della matrice, in particolare nei laboratori di controllo ufficiali, nonostante i loro costi elevati. Zhang e Xu (2019a) hanno proposto l’implementazione dell’approccio SIDA (stable isotope dilution assay) per l’analisi multi-micotossina LC-MS/MS (aflatossine, tricoteceni, fumonisine, ZEN) negli oli destinati al consumo. Si trattava di un follow-up di precedenti studi di convalida che dimostravano l’idoneità allo scopo dei metodi SIDA LC-MS/MS per l’analisi multi-micotossina di routine prevista dalla legge all’interno dei programmi di sorveglianza e dei test di conformità della Food and Drug Administration degli Stati Uniti. In questo studio, i campioni di olio sono stati marcati, secondo gli standard interni, con 13C per le 12 micotossine target e sottoposti successivamente ad estrazione utilizzando acetonitrile/acqua (v/v) al 50%. L’approccio SIDA ha permesso la quantificazione utilizzando standard di calibrazione in solvente puro. Inoltre, l’articolo descrive l’applicazione di uno strumento statistico di analisi delle componenti principali, relativamente facile da utilizzare, per studiare l’influenza di una varietà di fattori come la matrice del campione, la concentrazione di arricchimento e/o le singole micotossine, sulle prestazioni del metodo durante tutto lo studio. Utilizzando questo approccio, si potrebbero osservare possibili anomalie ed un’analisi alla radice delle cause di tali osservazioni sospette potrebbe portare ad una migliore comprensione delle prestazioni del metodo. I recuperi del metodo ottimizzato nell’intervallo di picco testato (da 10 a 1000 μg/kg) sono stati dell’80-120% con valori di RSDr inferiori al 20%. I LOQ variavano da 0.1 μg/kg (AFB1) a 6.4 μg/kg (ZEN). Su 16 campioni provenienti da negozi statunitensi, lo ZEN è stato rilevato in tre campioni di olio di mais a concentrazioni di 37, 185 e di 317 μg/kg, rispettivamente.

In un recente studio, un metodo di cromatografia liquida-spettrometria di massa ad alta risoluzione (LC-HRMS) destinato allo screening di tutte le principali micotossine controllate per legge, e precedentemente convalidato da uno studio collaborativo, è stato confrontato con altri metodi di screening basati su saggi immunoenzimatici, come ELISA, LFD e con un saggio immunoenzimatico a polarizzazione di fluorescenza (FP) (Lattanzio et al., 2019). Lo studio è stato organizzato come uno studio collaborativo, ed ha coinvolto 20 tecnici che hanno utilizzato tali metodi per la prima volta. Sono stati analizzati materiali di riferimento per la presenza di DON e AFB1 nel grano. I risultati sono stati valutati statisticamente per poter calcolare la precisione del metodo, i valori di cut-off e il tasso di falsi risultati sospetti, poi confrontati con i risultati di studi di convalida eseguiti in precedenza. Inoltre, l’analisi statistica dei risultati ha permesso ai ricercatori di identificare i principali fattori che influenzano la precisione del metodo. Il metodo di screening LC-HRMS ha mostrato livelli di cut-off idonei allo scopo per DON (cut-off 1.150 μg/kg per una concentrazione target di screening di 1.600 μg/kg) e AFB1 (cut-off 1.23 μg/kg per una concentrazione target di screening di 2 μg/kg), che erano comparabili a quelli ottenuti per i saggi immunoenzimatici testati nello stesso esperimento. Per quanto riguarda la precisione del metodo, espressa come deviazione standard relativa che teneva conto della ripetibilità e della variabilità tra i tecnici, per DON e AFB1 sono stati ottenuti rispettivamente  valori del 10 e dell 33%. Un’analisi alla radice indicava che la ragione principale della differenza di precisione tra DON e AFB1 era dovuta alla differenza di grandezza della risposta strumentale LC-HRMS. Poiché la concentrazione di DON era maggiore di quasi tre ordini di grandezza rispetto a quella dell’AFB1, i picchi della LC-HRMS ottenuti per il DON erano ben al di sopra del LOQ dello strumento, mentre per l’AFB1 erano vicini al LOQ, lì dove ci possiamo aspettare una maggiore varianza nelle aree di picco a bassa intensità. Questo è un tipico esempio di compromessi che riguardano i metodi di screening LC-MS multi-micotossine, che coprono vari range di frazioni di massa e che riflettono la naturale presenza delle diverse micotossine. Per estrazioni meno specifiche (cioè per quei processi che utilizzano solo l’estrazione con solvente senza effettuare un clean-up utilizzando tecniche aggiuntive come l’SPE) più materiali contenuti nella matrice possono essere estratti contemporaneamente e possono far diminuire la dimensione del segnale delle micotossine presenti in tracce. Tra le potenzialità offerte dai moderni rilevatori HRMS, la modalità di acquisizione indipendente dei dati (DIA) sta emergendo come un approccio molto versatile per combinare la quantificazione del target e lo screening non mirato. La modalità DIA è utilizzata per eseguire la frammentazione non mirata tramite la suddivisione dell’intero intervallo di massa in un range di successivi ioni precursori fissi m/z,  al fine di coprire l’intera gamma di ioni precursori che ci interessano. Partendo dagli spettri di ioni prodotti possiamo ottenere gli ioni caratteristici per la conferma dell’identità delle micotossine che ci interessano. La combinazione tra scansione completa e MS/MS rende il metodo pienamente conforme ai requisiti stabiliti nel documento SANTE/12089/2016 (CE, 2016), che fornisce i criteri guida per l’identificazione delle micotossine che devono essere prese in considerazione durante la convalidazione del metodo. Tuttavia, la combinazione di numerose scansioni aumenta il tempo del ciclo e porta a perdite di sensibilità, quindi un idoneo equilibrio tra la sensibilità del metodo e il potere di conferma deve essere valutato.

Jia et al. (2019) hanno applicato l’approccio DIA allo screening per la valutazione della presenza di micotossine, e dei loro prodotti di trasformazione, nei nutraceutici provenienti dal tè verde. Per la preparazione del campione è stata utilizzata una procedura di estrazione QuEChERS on-line completamente automatizzata. Per l’analisi LC-MS/HRMS, è stato combinato un evento di scansione completa (m/z 90-900) con venti eventi consecutivi MS/HRMS indipendenti dai dati. Le informazioni quantitative e di conferma relative alle micotossine target sono state ottenute estraendo la massa esatta degli ioni diagnostici selezionati. Inoltre, i cromatogrammi a scansione completa, combinati con spettri di frammentazione non mirati, sono stati sfruttati per analisi retrospettive. Le performance analitiche del metodo per le micotossine bersaglio erano conformi ai requisiti stabiliti nella Commission Decision No 2002/657/CE (CE, 2002), tuttavia non sono stati segnalati i risultati delle analisi retrospettive dei metaboliti delle micotossine non bersaglio in campioni reali.

La disponibilità dei metodi LC-MS altamente sensibili per l’analisi dei biomarcatori delle micotossine nei fluidi e nei tessuti biologici è aumentata negli ultimi anni. Di conseguenza, sono stati riportati numerosi studi che descrivono l’applicazione di questi metodi sia a studi per la valutazione dell’esposizione che a studi sul metabolismo delle micotossine in vivo/in vitro. Un riassunto completo si trova in Vidal et al. (2019a). Per quanto riguarda i progressi ottenuti nelle metodologie analitiche, vale la pena di citare uno studio di Lauwers et al. (2019) come valido esempio degli sforzi compiuti nella preparazione dei campioni per ottenere una sensibilità e delle prestazioni analitiche adeguate, e che soddisfino i criteri di accettabilità stabiliti dall’UE relativi alla determinazione delle micotossine e dei loro metaboliti in matrici biologiche complesse. In questo studio sono stati presi in esame il plasma, l’urina e le feci di suini e il plasma e le feci dei polli broiler. Una preparazione del campione semplice e generica basata sulla precipitazione soltanto delle proteine (maiale) o in combinazione con la rimozione dei fosfolipidi (pollo) è stata sufficiente per ottenere prestazioni del metodo soddisfacenti per il plasma.  Tuttavia, per le altre matrici, è apparso necessario un clean-up più accurato. Per queste matrici altamente complesse, la pulizia del campione consisteva in un’estrazione liquido-liquido dipendente dal pH (LLE) utilizzando acetato di etile (urina di maiale), metanolo/acetato di etile/acido formico (75/24/1, v/v/v) (feci di maiale) o acetonitrile (escrementi di pollo). Per l’estrazione dalle feci di maiale è stata inoltre aggiunta una combinazione di LLE con acetone e filtrazione del surnatante su una cartuccia per la rimozione del fosfolipide. La LC-MS/MS è stata utilizzata per identificare le micotossine target, appartenenti ai gruppi regolamentati dalla legge (aflatossine, micotossine OTA e micotossine di Fusarium) e due gruppi di micotossine emergenti (micotossine dell’Alternaria ed enniatine). Inoltre, la LC-HRMS è stata utilizzata per ottenere informazioni qualitative sui metaboliti di fase I e II, per i quali non sempre sono disponibili in commercio standard analitici. Alla fine, l’applicabilità della metodologia sviluppata è stata dimostrata analizzando il plasma, le urine, le feci e/o i campioni di escrementi ottenuti durante gli studi di tossicocinetica in vivo condotti sui maiali e sui polli broiler.

La maggior parte dei metodi multi-classe per la determinazione simultanea delle micotossine e di altri contaminanti chimici segnalati nell’ultimo anno, si basa sugli approcci diluire-e-sparare o sui QuEChERS ampiamente esplorati. Inoltre, è stata proposta un’interessante alternativa che si basa sulla cromatografia liquida bidimensionale (LC 2D). L’impostazione di un metodo multi-classe richiede una preparazione generica del campione e quindi implica una perdita di selettività. Una possibile strategia per migliorare la selettività del metodo è rappresentata dall’impiego di una LC bidimensionale, per aumentare il potere di risoluzione del sistema analitico. La principale sfida nei metodi multi-analita è rappresentata dalle sostanze polari che vengono scarsamente trattenute dalle comuni colonne LC a fase inversa, e quindi soffrono di una scarsa formazione dei picchi e di elevati effetti matrice. La LC 2D è una possibile opportunità utile a risolvere il problema, come suggerito in un paio di articoli pubblicati nell’ultimo anno. Kresse et al. (2019) hanno proposto un metodo 2D LCMS/MS per la determinazione simultanea di 350 pesticidi, micotossine, alcaloidi tropanici e regolatori di crescita nei cereali. La separazione degli analiti è stata ottenuta con una fase stazionaria HILIC per separare i composti polari e con una fase stazionaria C18 per separare i composti meno polari. Le quote dei test sono state estratte tramite una miscela costituita da acetonitrile/acqua (80:20) ed gli estratti sono stati iniettati direttamente nel Sistema bidimensionale LC-MS/MS senza ulteriore pulizia. La messa a punto dell’intero sistema è stata una procedura piuttosto complessa, ma la metodologia analitica che ne è risultata è apparsa abbastanza potente e affidabile, se consideriamo i dati dello studio di convalida effettuato seguendo le linee guida della DG SANTE (CE, 2017). Come materiale per la convalida sono state selezionate tre matrici con composizioni differenti di glutine, grassi, proteine e carboidrati (grano, mais e soia). I criteri di convalida sono stati soddisfatti per quasi il 90% dei pesticidi e per tutte le micotossine e gli alcaloidi tropanici testati. I tassi di recupero erano tra il 70 e il 120% e i valori di RSDr erano inferiori al 25%. La verifica del metodo è stata effettuata mediante l’analisi di materiali di riferimento certificati e la partecipazione a prove di valutazione. Sono stati superati con successo otto proficiency test: tre per l’analisi dei pesticidi, tre per l’analisi delle micotossine e due per l’analisi degli alcaloidi tropanici.

Il numero di metodi cromatografici pubblicati per l’individuazione delle aflatossine come unici analiti target continuava a diminuire e le novità in questo campo erano sporadiche. Ciò è dovuto al fatto che la maggior parte dei progressi fatti in questo settore si concentra sulla determinazione di gruppi più numerosi di micotossine, all’interno dei quali le aflatossine sono solo un elemento tra gli altri.

Tuttavia, i metodi cromatografici di massa con rilevazione selettiva sono ancora utilizzati per studiare nuovi aspetti della quantificazione dell’aflatossina. Vidal et al. (2018) hanno studiato diverse procedure di idrolisi per la determinazione delle aflatossine e delle loro forme modificate nel mais. A differenza di un certo numero di altre micotossine modificate, le aflatossine spesso si scompongono in una serie di altri prodotti in condizioni difficili, come in ambiente alcalino, rendendo così l’analisi più complicata. Mentre con i vecchi metodi veniva impiegato l’acido trifluoroacetico nella derivatizzazione  pre-colonna, allo scopo di rivelare più derivati fluorescenti possibili di AFB1 e AFG1, le condizioni di idrolisi acida discusse in questo studio non hanno rivelato alcun cambiamento nella stabilità dell’aflatossina. Gli autori hanno discusso nel dettaglio anche i pro e i contro dell’idrolisi guidata dal pH per una serie di altre micotossine che possono coesistere con le aflatossine, come il DON coniugato e lo ZEN. Gli autori hanno dimostrato che l’utilizzo di α-amilasi e cellulasi, rispetto ad altre procedure idrolitiche testate, comporta un aumento significativo delle aflatossine quantificabili, cosa che sta ad indicare come le aflatossine siano associate ai carboidrati.

Un approccio interessante verso una nuova tipologia di ELISA è stato seguito da Mukhtar et al. (2019). Gli autori hanno utilizzato un peptide ciclico che mima l’AFB1 per sviluppare un metodo ELISA basato sul peptide (pb). Secondo i dati di convalida riportati, la pb-ELISA ha permesso di effettuare misurazioni di livelli più bassi rispetto agli anticorpi anti-AFB1 sintetizzati in precedenza. Il sistema pb-ELISA sviluppato ha mostrato una reattività crociata piuttosto bassa verso altre micotossine comunemente indagate come lo ZEN e la OTA, ma anche verso altre aflatossine che si ritrovano in concomitanza con AFB1, cioè AFB2, AFG1 e AFG2, tutte con una reattività crociata inferiore all’1%. Gli autori hanno condotto un piccolo test di convalida all’interno del laboratorio con riso e mais arricchiti (10/20/40 μg/kg) ed hanno ottenuto recuperi che andavano dall’83 al 102% con relative deviazioni standard dal 3 al 27% e un range di lavoro di 7-100 μg/kg. Tenendo conto dei limitati dati per la convalida, si è visto che il mais è la matrice più impegnativa per questa tipologia di ELISA.

Tsounidi et al. (2019)hanno sviluppato un prototipo portatile e rigenerabile ad  immunosensori per la determinazione dell’AFM1 in varie tipologie di latte. Tale sistema di sensori si avvale di anticorpi policlonali, che gli autori hanno ottenuto da una fonte esterna. Gli autori hanno costruito il loro sistema di sensori utilizzando attrezzature tecniche all’avanguardia provenienti da vari fornitori, principalmente da quelli per gli apparecchi ottici. La misurazione si basa sulla spettroscopia di riflettanza della luce bianca, che permette di effettuare misurazioni in un sistema apparentemente “aperto”, efficace contro la distorsione della luce diurna. Gli autori hanno descritto l’ottimizzazione del sensore ed hanno convalidato il loro prototipo con latte di capra e di mucca, in un intervallo compreso tra 0.05 e 1 μg/l. I recuperi riportati oscillavano dal 93 al 100%. Altre tipologie di latte, come il latte scremato o il latte intero, così come il latte di pecora e quello umano, hanno generato risposte simili.

Uno smartphone Meizu modello U10 è stato utilizzato in combinazione con il software Sicasys Spotxel® Reader di Sergeyeva et al. (2019) per leggere la fluorescenza da membrane polimeriche ad impronta molecolare (MIP) eccitate con una sorgente UV esterna. Purtroppo, il protocollo di estrazione descritto manca delle informazioni per i lettori utili a trasformare le concentrazioni in una massa del campione di base. Tuttavia, la messa a confronto dei risultati con quelli di un altro metodo utilizzato come riferimento, mostra che il quadro sperimentale studiato porterebbe ad un metodo con recupero accettabile di 7 μg/kg AFB1. Nonostante il manoscritto si occupi principalmente della realizzazione e della descrizione del MIP, esso mostra molto bene le possibilità di quantificare le aflatossine a fini di screening con la tecnologia disponibile.

Basandosi sul fatto che approcci analitici non ortodossi possono portare all’innovazione, Chen et al. (2018) hanno utilizzato un pH-metro per determinare l’AFB1. Alla base di questo approccio c’era l’ureasi accoppiata ad un aptene AFB1-ossima. Durante questo saggio, l’attività dell’ureasi porta alla formazione di ammoniaca in presenza di urea, con conseguente variazione del pH. La variazione del pH ha mostrato una correlazione lineare con il logaritmo della concentrazione di AFB1 da 0.6 a 23 ng/ml in un intervallo di più di un ordine di grandezza nella soluzione di prova. Gli autori hanno dimostrato l’applicazione di questo prototipo utilizzando un numero molto piccolo di campioni di mais e arachidi arricchiti. I valori di recupero risultanti (82-94%) rientravano nei range accettabili importanti per l’applicazione della normativa alimentare (CE, 2006a). Purtroppo, gli autori non hanno descritto del tutto le performance di questo metodo.

In due articoli di Tao et al. (2019a,b) è stata valutata la presenza di funghi aflatossigeni e di AFB1 sulle arachidi o sul mais, tramite spettroscopia vibrazionale utilizzando la luce visibile e quella vicina all’infrarosso nell’intervallo 400-2.500 nm. Nel loro primo articolo, gli autori hanno cercato di riprodurre uno scenario nel quale la contaminazione da aflatossina proveniva dal trattamento post-raccolta, con conseguente contaminazione superficiale delle arachidi. Di conseguenza, i singoli semi di arachide sono stati trattati con 10 μl di soluzione contenente aflatossina per ottenere differenti livelli che andavano da 10 a 1000 μg/kg per ogni nocciolina. Gli autori hanno discusso la loro strategia per ottimizzare gli importanti aspetti spettroscopici e modelli statistici utilizzati. Sono giunti alla conclusione che per due piani importanti negli USA (20 μg/kg per gli alimenti e 100 μg/kg per il mangime dei suini) l’approccio scelto si dimostrava potenzialmente in grado di identificare la contaminazione superficiale con AFB1 dei semi di arachide con una buona precisione complessiva, rispettivamente dell’89 e del 93% per i 20 e i 100 μg/kg di contaminazione. Nonostante l’impegno profuso dagli autori, una delle principali sfide del loro metodo è che la contaminazione post-raccolta (causata dalle particelle di polvere provenienti dalla lavorazione) potrebbe determinare una distribuzione più omogenea delle micotossine in tutta la partita, rispetto alla contaminazione pre-raccolta dei singoli semi. Ciò renderà più difficile differenziare le parti conformi da quelle non conformi dell’intera partita. D’altra parte, la ricerca condotta fornisce una buona visione dello stato dell’arte della tecnologia impiegata per l’identificazione dei semi di arachide contaminati che dovrebbero essere sottoposti a cernita prima della lavorazione. Nel secondo articolo, Tao et al. (2019b) si sono concentrati sulla correlazione tra la determinazione dell’AFB1 e la distinzione tra infezione fungina aflatossigena e non tossigena dei chicchi di mais. È stata spiegata la correlazione tra questi aspetti per i modelli di previsione utilizzati. Entrambi gli articoli descrivono – congiuntamente – la complessità dell’individuazione di strumenti di screening idonei ad aiutarci nella gestione delle aflatossine presenti nei prodotti agricoli. Nello specifico, i distinti approcci progettuali per i due prodotti di base mostrano la necessità di un elevato livello di competenza per la comprensione e la possibile implementazione di questa tecnologia. Si può quindi concludere che un personale qualificato è, anche per questa tecnologia, un vantaggio durante il processo decisionale, in particolare durante l’applicazione della legge sugli alimenti e sui mangimi.

Un altro metodo adottato da Liu et al. (2019) giunge alla conclusione che la spettroscopia terahertz, in combinazione con metodi chemiometrici, ci offrirebbe la possibilità di determinare la presenza di AFB1 nell’olio di soia. In base ai dettagli riportati nell’articolo, non si riesce ad individuare in che misura le differenze spettroscopiche ottenute derivino dal solvente in cui è disciolto AFB1. Gli autori non hanno dato alcuna indicazione su un’eventuale compensazione di questo aspetto; le informazioni riportate suggeriscono piuttosto l’aggiunta di varie quantità di soluzione spiking di AFB1. Dato che gli autori hanno fornito solamente il riferimento del fornitore senza specificare il prodotto nel dettaglio e viste le soluzioni di AFB1 disponibili sul sito web del fornitore, sembrerebbe che la soluzione più probabilmente utilizzata possa essere AFB1 in acetonitrile (2 μg/ml). In questo caso, l’AFB1 rappresenta solamente una frazione minima di quanto è stato aggiunto per alterare la composizione dell’olio di soia, e ciò metterebbe in discussione la rilevanza e la validità del metodo spettroscopico adottato.

La maggior parte delle metodiche analitiche pubblicate nell’ultimo anno per le diverse miscele di tossine dell’Alternaria erano metodi matrix-specific basati su LC-MS/MS (con o senza SPE clean-up/concentrazione). L’approccio QuEChERS è stato utilizzato da De Berardis et al. (2018) per la determinazione dell’acido tenuazonico (TeA), dell’alternariolo (AOH), dell’alternariolo metil etere (AME) e della tentossina (TTX) in prodotti a base di pomodoro e di frutta. I campioni sono stati estratti con una miscela di acetonitrile acido/acqua (80/20, v/v), MgSO4, NaCl, e con omogeneizzatori in ceramica. La fase organica superiore è stata filtrata e analizzata tramite LC-MS/MS (ionizzazione elettrospray (ESI)+). Per la separazione delle quattro micotossine sono state utilizzate sei colonne a fase inversa, e una colonna a base di fenile-esile, che usava come fase mobile una miscela di metanolo/acqua 1 M (NH4)2CO3 (98.5/1.5, v/v) tamponata a pH 8.8 e che ha dato i risultati migliori. I limiti di rilevamento (LODs) della tossina dell’Alternaria variavano da 1-80 μg/kg, i recuperi da 63-109% e la ripetibilità da 3-9%, ma gli esperimenti di convalida sono stati effettuati solamente per il concentrato di pomodoro addizionato con livelli molto elevati di ciascuna micotossina (100 mg / kg). È stata utilizzata una calibrazione esterna, ma non sono state riportate informazioni sugli effetti della matrice.

Un approccio simile è stato utilizzato da Guo et al. (2019a) per l’estrazione di TeA, AOH, AME, TTX, altenuene (ALT) e altenusina (ALS) dall’uva. L’estratto del campione (5 ml) è stato essiccato e ricostituito con 1 ml di acetonitrile/acqua contenente 5 mmol/l di acetato di ammonio (20/80, v/v), filtrato e analizzato con LC-MS/MS (ESI+) per AOH, AME, ALT, TTX e TeA, e con ESI– per ALS. I LOD, la ripetibilità, e l’effetto della matrice (misurato come una soppressione e un miglioramento del segnale) variavano, rispettivamente, da 0.03-0.21 μg/kg, da 1.9-10.8 e dall’82.8 al 102%.

Wang et al. (2018a) hanno utilizzato un approccio QuEChERS per l’estrazione e la quantificazione con LC-MS/MS (ESI +) di TeA, AOH, AME e TTX nel giuggiolo. Quantità crescenti di MgSO4 (0.2 e 4 g) e di NaCl (0, 0.5 e 1 g), nonché diversi rapporti campione/acqua (1/0, 1/2 e 1/4, m/v) sono stati testati prima di aggiungere acetonitrile/1% CH3COOH. C’è stato un aumento parallelo dell’efficacia dell’estrazione delle micotossine con la massa di MgSO4 utilizzata; non sono state osservate differenze in seguito all’aumento della quantità di NaCl aggiunto. Nel protocollo ottimizzato, 10 ml di acqua e 10 ml di acetonitrile contenenti 1% di CH3COOH sono stati aggiunti successivamente a 2.5 g di campione, che è stato quindi agitato. Immediatamente, sono stati aggiunti e agitati (per prevenire l’agglomerazione dei sali) 4 g di MgSO4 anidro e 1 g di NaCl. L’aggiunta di PSA, Florisil, octadecil silano (C18) e di nerofumo è stata testata ma non inclusa nel protocollo finale, perché ha prodotto una significativa diminuzione dei recuperi delle micotossine.

Zhang et al. (2019b) hanno sviluppato un metodo LC-MS/MS (ESI–) per la determinazione di TeA, AOH, AME, ALT e TTX nell’acqua potabile consumata in Cina. Dopo la rimozione del cloro residuo e l’aggiustamento del pH a 2.5, un litro di acqua è stato fatto passare attraverso una colonna Oasis HLB (Waters, Milford, MA, USA) ad una velocità approssimativa di 5-10 ml/min. Le micotossine sono state eluite dalla colonna con 5 ml di MeOH e 5 ml di MeOH/acetonitrile (1/1, v/v, contenente 1% di ammoniaca). L’eluato è stato raccolto, essiccato e ricostituito con 1 ml di soluzione MeOH/acqua (1/9, v/v) per l’analisi UHPLC-MS/MS. TeA e TTX sono stati trovati nel 14% di 289 campioni testati a concentrazioni molto basse, che andavano, rispettivamente, da 0.16 a 2.7 ng/l e da 0.21 a 2.2 ng/l. Gambacorta et al. (2019), per determinare la presenza di TeA, AOH, AME, ALT e TTX in 22 diverse tipologie di spezie, in 18 erbe, in 18 miscele di spezie e in 3 miscele di erbe disponibili in commercio in Libano, hanno utilizzato l’estrazione mediante acetonitrile/acqua/acido formico (49/50/1, v/v), la centrifugazione, la diluizione 1/4 (v/v) dell’estratto del campione con acqua, la conservazione per una notte a 4° C, la filtrazione e la  LC-MS/MS ( ESI–). La sensibilità del metodo era buona, con i LOD < 7 μg/kg e l’89% dei campioni analizzati conteneva almeno una delle cinque micotossine monitorate. Gli autori hanno riferito che le concentrazioni osservate in alcune spezie ed erbe potrebbero comportare un’esposizione ad AOH o AME che supererebbero la soglia di intossicazione (EFSA, 2011); tuttavia i quantitativi di spezie ed erbe necessari per raggiungere queste soglie erano elevati, e variavano dagli 0.5 g del pepe bianco ai 4.4 g delle foglie di timo.

Un laborioso metodo LC-MS/MS (ESI-) è stato sviluppato da Gotthardt et al. (2019) per la determinazione di TeA, AOH, AME, TTX, altertossina I (ATX I) e alterperylenol (ALTP) negli alimenti per bambini. Per la messa a punto del metodo sono stati utilizzati purea di pomodoro e amido di patate (come modello di cereale). I campioni sono stati estratti due volte con una miscela di acetonitrile/acqua (84/16, v/v) e una volta con una miscela di acetonitrile/metanolo/acqua (50/25/25, v/v/v). All’interno delle cinque colonne SPE per il clean-up del campione estratto, è stato scelto ed utilizzato un adsorbente polimerico trifunzionale a base di silicio C18 (Discovery DSC-18).  TeA, AOH e AME sono stati quantificati utilizzando standard marcati con isotopi stabili, mentre TTX, ATX I e ALTP sono stati quantificati utilizzando la calibrazione matrix-matched. Per la determinazione con LC-MS/MS (ESI–) è stato necessario utilizzare una colonna Gemini-NX C18 per TeA e una colonna HyperClone BDS-C18 per le altre micotossine. Inoltre, sono state utilizzate due diverse fasi mobili in un gradiente binario. I LOD oscillavano da 0.05-1.25 μg / kg per l’amido di patata e da 0.01-1.36 μg/kg per il pomodoro fresco. Recuperi e ripetibilità variavano, rispettivamente, dall’83 all’111% e dal 3 all’8%.

Qiao et al. (2018) hanno utilizzato l’estrazione con acetonitrile, la centrifugazione, l’evaporazione dell’estratto e la ricostituzione con MeOH/acqua (1/9, v/v), il clean-up e la concentrazione dell’estratto con OASIS HLB e LC-MS/MS (ESI–) per la determinazione di TeA, AOH, AME, ALT e TTX nelle ciliegie e nei prodotti da esse derivati. È stata segnalata una buona sensibilità con valori LOQ compresi tra 0.002-0.066 μg/kg.

Un anticorpo policlonale per l’AOH è stato prodotto nei conigli e utilizzato per sviluppare un saggio immunoenzimatico indiretto competitivo a chemiluminescenza (ciCLEIA), per determinare la presenza di AOH nel succo di frutta, nel mais e nella farina. Non è stata osservata reattività crociata per altre tossine dell’Alternaria. L’analisi mediante ciCLEIA di campioni contaminati naturalmente (1.2-13.8 μg / kg) ha mostrato una buona correlazione (R2 = 0.9539) con i risultati ottenuti dalla LC-MS/MS (ESI–) (Yao et al., 2019).

Test per il dosaggio immunologico colorimetrico (Man et al., 2018) e fluorimetrico (Man et al., 2019) sono stati sviluppati per misurare l’AME presente nella frutta. Entrambi i metodi utilizzavano nanoparticelle magnetiche e purificazione SPE degli estratti grezzi. I LOD erano, rispettivamente, di 0.25 ng / ml (equivalenti a 5 μg/kg nei frutti) e 0.25 pg/ml (equivalenti a 0.01 μg / kg nei frutti) per il dosaggio colorimetrico e per quello fluorimetrico. Tuttavia, questi metodi sono stati testati solamente su ciliegie, arancia o mela spiked e non sono stati analizzati campioni contaminati naturalmente.

Dall’ultima review sono stati pubblicati diversi articoli che descrivono i progressi fatti nell’analisi dell’EA. Questi articoli descrivono cinque diverse tecniche che includono: LC-MS; ionizzazione elettrospray con ablazione laser (LAESI)-MS; immunodosaggio enzimatico (EIA); cromatografia liquida a fluorescenza ad elevate prestazioni (HPLC-FLD); spettroscopia nel vicino infrarosso (NIR) e spettroscopia a trasformata di Fourier nel medio infrarosso a riflettanza totale attenuata (ATR-FTMIR). La LC-MS/MS è il gold standard per l’analisi dell’EA, in quanto consente di rilevare il maggior numero di composti che potrebbero essere presenti nelle colture infette. Il potere nell’utilizzo dell’analisi LC-MS è stato dimostrato da Tittlemier et al. (2019b) durante i loro studi sul monitoraggio del destino degli EA durante la lavorazione della semola e la produzione della pasta. La LC-MS è stata fondamentale in questo lavoro perché ha permesso il monitoraggio delle variazioni dei rapporti tra R- e S-enantiomeri, che non sarebbe stato possibile utilizzando le altre tecniche qui esaminate. Questi dati sono molto importanti quando parliamo di monitoraggio della sicurezza alimentare e di valutazione dell’esposizione alla micotossina. La LC-MS è stata utilizzata anche per il monitoraggio degli EA nel crine di cavallo (Rudolph et al., 2019). Il metodo descritto è stato in grado di rilevare contemporaneamente una serie di tossine che potrebbero essere la causa di diverse sindromi nei cavalli. L’uso del crine di cavallo, al posto del sangue o delle urine, ha permesso un monitoraggio dell’esposizione a lungo termine agli EA, oltre che ad una serie di altre tossine di nostro interesse. Gli autori sono stati in grado di rilevare la presenza di EA nel più basso range di ng/kg in campioni di crine di cavallo spiked, ma non in campioni reali, probabilmente data la loro assenza nei 13 campioni di crine di cavallo esaminati.

Utilizzando la relativamente nuova tecnica LAESI-MS, Bacon et al. (2018) sono stati in grado di visualizzare la distribuzione dell’EA in diverse specie erbacee infettate dall’endofita simbiotico Balansia epichloe. LAESI non richiede un’approfondita preparazione del campione e permette di misurare in modo non invasivo i processi chimici coinvolti nelle interazioni microbo-ospite durante la crescita delle piante. La cianoclavina I e l’ergonovina sono state identificate come i principali EA presenti nelle foglie non danneggiate. Vista la natura di questa analisi, LAESI ha permesso di caratterizzare la localizzazione dei composti nei singoli tessuti durante lo sviluppo della pianta. È interessante notare come i dati suggeriscano che gli EA vengano prodotti all’interno degli stromata di Balansia e che le loro concentrazioni cambino durante la stagione di crescita (Bacon et al., 2018). Gli autori sostengono che LAESI rappresenta un metodo rapido ed accurato per lo screening e la caratterizzazione degli EA nelle erbe infettate da Balansia. Un limite di questo studio è legato al fatto che sono state riportate le rilevazioni per soltanto due alcaloidi dell’Ergot.

È stato sviluppato un metodo EIA per il rilevamento degli EA totali nella farina di cereali e nel pane (Gross et al., 2018). I ricercatori hanno prodotto anticorpi contro quattro EA ed hanno dimostrato che un test diretto competitivo con anticorpi contro l’ergometrina era il più sensibile e lo hanno validato con l’HPLC-FLD. Il metodo è stato in grado di rilevare, in maniera affidabile, campioni positivi a 0.01-0.02 mg/kg ed è risultato adatto per la determinazione degli EA totali in un intervallo di concentrazione compreso tra 0.10 e 1.0 μg/kg. La reattività crociata è stata determinata nei confronti di 14 alcaloidi; tre delle EIA erano altamente specifiche, mentre quella per l’ergometrina ha mostrato un certo grado di reazione a tutti gli alcaloidi. Gli autori sostengono che siano necessari nuovi metodi EIA, perché i due kit di test disponibili in commercio non forniscono dettagli sulla loro produzione di anticorpi o sulla validazione dei dati per i cereali. Questo lavoro sarebbe stato rafforzato dal confronto diretto delle loro EIA con i due kit di analisi disponibili in commercio.

L’HPLC-FLD è stata utilizzata per il rilevamento degli EA nella segale da Holderied et al., (2019). Avrebbero suggerito l’uso di HPLC-FLD, rispetto alla LC-MS, basandosi sulla semplicità del metodo e sul costo della strumentazione, ed hanno anche notato i vantaggi dell’uso di tale metodo nei paesi in via di sviluppo. Il loro progresso nell’analisi dell’EA è stata l’introduzione dell’acido lisergico dietilamide (LSD) tra gli standard interni per la rilevazione con HPLC-FLD. Il loro metodo validato ha permesso di quantificare 12 EA rappresentativi nella farina di segale e nei prodotti a base di segale dopo clean-up SPE. Hanno suggerito che un’ulteriore ottimizzazione del loro metodo potrebbe essere ottenuta incorporando lo step di congelamento e di clean-up del campione precedentemente esaminato messo a punto da Schummer et al. (2018).

Shi et al., (2019) hanno testato l’applicazione della spettroscopia NIR e della ATR-FTMIR per la determinazione degli EA nell’orzo invernale coltivato in condizioni climatiche fredde in Canada. NIR e ATR-FT/MIR sono tecniche interessanti per lo screening delle micotossine grazie alla loro velocità e alla loro natura non distruttiva. LC-MS/MS è stato utilizzato per caratterizzare e quantificare i livelli di EA in 67 campioni di orzo, dei quali 49 sono risultati positivi. Gli spettri NIR (680-2.500 nm) e MIR (4.000-700 cm-1) di ogni campione positivo sono stati raccolti e calibrati con valori di riferimento per gli EA. I modelli di elaborazione dei dati indicavano parametri di calibrazione e di validazione crociata deboli; gli autori hanno suggerito che ciò potrebbe essere dovuto a livelli relativamente bassi di EA nell’orzo. I loro dati indicano che queste tecniche offrono vantaggi teorici rispetto alla LC-MS, ma non hanno ancora dimostrato la loro utilità nell’applicazione pratica.

Gli studi presentati continuano a supportare l’utilizzo della LC-MS come gold standard per l’analisi delle EA ed hanno evidenziato le sfide derivanti dall’impiego di metodi come la EIA o il NIR. L’uso di LAESI per l’analisi in situ degli EA rappresenta un nuovo approccio. Questa tecnica ci aiuta a comprendere meglio e più a fondo la presenza di EA nell’erba, ma ad oggi richiede uno spettrometro di massa per la rilevazione, cosa che potrebbe limitare una sua più ampia diffusione all’interno della comunità che si occupa delle analisi sulle micotossine.

Recentemente è stata pubblicata una review di tutti gli aspetti delle fumonisine, compresa una panoramica circa la loro determinazione (Ponce- García et al., 2018). Risultati analitici accurati dipendono dall’impiego di appropriate procedure di campionamento, sub-campionamento e triturazione del campione, cosa che è stata recentemente confermata da uno studio che dimostrava l’impatto significativo della sminuzzatura del campione sull’estrazione di FB1 e FB2 dal mais (Damiani et al., 2019). Questo lavoro è discusso nella sezione 2. Ad eccezione dell’articolo di Damiani et al., negli ultimi anni c’è stato un notevole calo nel numero di articoli che descrivono metodi incentrati esclusivamente sull’individuazione delle fumonisine. Ciò è particolarmente vero per i metodi che prevedono l’impiego di LC-MS per le fumonisine negli alimenti, e questo è quasi certamente dovuto ad un aumento del miglioramento degli schermi multi-analitici. Lo stesso trend si evidenzia per gli immunodosaggi, che appare concomitante con un aumento del numero di report che si occupano di ELISA multi-tossina, immunodosaggi a flusso laterale e biosensori. Il numero di pubblicazioni che descrivono nuovi o migliorati metodi di screening per le fumonisine è in continuo aumento, ed una percentuale significativa di tali articoli proviene dall’Asia. Ciò riflette la crescente influenza che questa regione esercita sulla ricerca relativa alle micotossine. Molti dei recenti report descrivono le modifiche apportate ai ben noti format ELISA basati sull’immobilizzazione dell’antigene (o “competitivo indiretto”, CI-) e sull’immobilizzazione dell’anticorpo (o “competitivo diretto”, CD-). In particolare, esistono diversi report che si concentrano sul miglioramento della fase di amplificazione basata sugli enzimi, tramite la sostituzione della tradizionale perossidasi del rafano (HRP) con nuovi marcatori enzimatici o fluorimetrici. Alcuni di questi report sono brevemente riassunti qui.

Un sostituto per la fumonisina-HRP (FB-HRP) è stato segnalato nel contesto di un saggio 4-plex per il rilevamento di FB1, AFB1, OTA e ZEN nel mais (Zhang et al., 2018a). Nella porzione competitiva del saggio un coniugato di FB1-sieroalbumina bovina(BSA)-biotina competeva nei confronti della FB1 libera. Questa fase è stata seguita da una fase di lavaggio e da una fase che prevedeva l’aggiunta di un coniugato avidina-HRP. La sostituzione, insieme all’utilizzo della chemiluminescenza, ha migliorato la sensibilità. Tuttavia, il saggio richiedeva un ulteriore passaggio di lavaggio, che però può essere evitato utilizzando FB1-HRP. L’HRP può essere sostituito con altri marcatori enzimatici. Zhan et al. (2019) hanno riportato un sistema di amplificazione basato sulla glucosio ossidasi. Questo enzima converte il glucosio e l’O2 in D-glucono-1,5-lattone e H2O2. L’H2O2 reagisce poi con Au3+, riducendolo ad Au sulla superficie dei “semi” d’oro di 5 nm, facendoli crescere e facendo sì che la soluzione passi da incolore a viola. Il limite di cut-off visibile era di 1.25 ng/ml FB1 e l’IC50 era di 1.86 ng/ml, circa 13 volte inferiore rispetto al corrispondente ELISA basato su HRP. Anche il perossido di idrogeno costituisce la base per un diverso tipo di rilevamento, in questo caso attraverso la sua conversione in H2O e O2 effettuata dalla catalasi (CAT) (Lu et al., 2018). Al posto di FB1-HRP, il saggio impiegava FB1-CAT nella reazione di competizione. Come reagente per il rilevamento, il saggio impiegava punti quantici fluorescenti (QD) sensibili allo spegnimento indotto da H2O2. Quando l’FB1 era presente, si formavano meno legami FB1-CAT, il che significava un incremento dell’H2O2 rimanente, che andava ad interrompere la fluorescenza. Quando FB1 non era presente, il legame FB1-CAT causava la conseguente distruzione di H2O2 e, quindi, la conservazione della fluorescenza. L’IC50 era 1.95 ng/ml per FB1, circa 10 volte inferiore a quello di un ELISA colorimetrico basato su HRP.

Gli ELISA che utilizzano marcatori che producono materiali elettroattivi sono stati descritti in precedenza. Recentemente è stato descritto un approccio diverso, che misurava l’elettroattività senza la necessità di un marcatore enzimatico (Lu e Gunasekaran, 2019). È stato costruito un elettrodo di ossido di indio-stagno con una superficie modificata con nanoparticelle d’oro (AuNP) ed anticorpi anti-fumonisina. Il legame di FB1 agli anticorpi immobilizzati sull’elettrodo era misurato con la voltammetria ad impulsi differenziali. Il segnale prodotto era proporzionale alla concentrazione di FB1 applicato. Il LOD di FB1 nel buffer era di 97 pg/ml, con un range lineare da 0.3 a 140 ng/ml. Utilizzando la calibrazione matrix-matched, la media dei recuperi di FB1 nel mais, a concentrazioni comprese tra 50 e 300 μg/kg, variava dall’ 88.6 al 95.8%. I vantaggi del metodo sono stati l’eliminazione dei marcatori enzimatici e la proporzionalità diretta della risposta alla concentrazione di FB1. Un fattore limitante è stato il tempo di incubazione richiesto (50 min), aspetto che può essere risolto effettuando ulteriori indagini.

Recentemente sono stati descritti immunodosaggi anche con altre tipologie di elettrodi. Cheng et al. (2019) hanno misurato le variazioni dell’elettroattività di un elettrodo modificato con una superficie di nanocarbonio. È stata preparata una superficie costituita da un nanocolloide di ossido di grafene elettroattivo (GONC) e gli anticorpi specifici per la fumonisina sono stati immobilizzati con legami non covalenti. L’adesione degli anticorpi abbassava l’elettroattività del GONC. Il legame di FB1 all’anticorpo ha diminuito ulteriormente l’elettroattività del materiale. Per questo motivo, la risposta del sensore è stata direttamente correlata al legame con FB1. Sfortunatamente, la sensibilità (LOD di 294 ng/ml) era sostanzialmente più scarsa rispetto a quella di alcune delle altre piattaforme di rilevazione per l’FB1 e il saggio richiedeva un tempo di incubazione relativamente lungo (1 h). Tuttavia, è stata dimostrata la fattibilità di questa tipologia di dispositivo.

La maggior parte dei test immunologici per l’individuazione della fumonisina utilizza un anticorpo primario (anti-fumonisina) (Ab1). Alcuni includono un anticorpo secondario (Ab2) che si lega ad Ab1 per amplificare il segnale. In letteratura esistono molti esempi di anticorpi anti-fumonisina. Ma gli sforzi condotti continuano ad apportare miglioramenti , esplorando alternative all’immunoglobulina G intatta, come il frammento a singola catena variabile e i nanocorpi. Inoltre, l’utilizzo di anticorpi anti-idiotipo (una forma di Ab2) e di frammenti peptidici che imitano la fumonisina (mimotopi) continuano ad essere esplorati come modi per migliorare le prestazioni dei dosaggi immunologici. Un nuovo format di dosaggio immunologico che utilizza un mimotopo della fumonisina, è stato sviluppato e applicato a campioni di grano spiked (Peltomaa et al., 2018). Il saggio si basava su un reagente creato collegando il mimotopo alla proteina fluorescente gialla (YFP). Il mimotopo-YFP competeva con FB1 per il legame ad un anticorpo della fumonisina attaccato a AuNP. Quando il mimotopo-YFP legava l’anticorpo la fluorescenza dell’YFP veniva spenta dall’AuNP. In presenza di FB1, il legame del mimotopo-YFP all’anticorpo veniva inibito e la fluorescenza non era attenuata. A differenza della maggior parte dei dosaggi immunologici, questo format non richiedeva la separazione delle molecole marcate (cioè non erano previste fasi di lavaggio). Inoltre, la risposta di fluorescenza era direttamente proporzionale alla concentrazione di FB1 libero. L’IC50 era 12.9 ng/ml per FB1, con un range dinamico che andava da 7.3 a 22.6 ng/ml e un LOD di 1.1 ng/ml. In due campioni di grano, spiked a 2 e 4 mg/kg, i recuperi sono stati rispettivamente dell’86 e del 103%. Le deviazioni standard relative sono state inferiori al 6.5%. L’incubazione richiedeva  20 min. Questo approccio, che permette di accorciare i saggi, è molto promettente e dovrebbe essere ulteriormente studiato con altri campioni spiked e naturalmente contaminati.

Gli anticorpi anti-idiotipo sono una forma di Ab2 che si legano nel, o vicino al, sito dove Ab1 lega la fumonisina. Detto ciò è possibile che questi anticorpi anti-idiotipo possano, in alcuni casi, interferire con il legame di FB1 ad Ab1. Gli anti-idiotipi sono suddivisi in gruppi in base alla funzionalità: quelli che non interferiscono (Ab2α) o quelli che interferiscono (Ab2β, Ab2γ) con il sito di legame della tossina. È importante notare che Ab2 fornisce la possibilità ai nuovi reagenti di migliorare le prestazioni del test. Recentemente, è stato sviluppato un saggio immunologico non competitivo per la rilevazione della fumonisina utilizzando una combinazione di Ab1, Ab2β e Ab2α (Shu et al., 2019). Gli Ab2α utilizzati erano varianti a basso peso molecolare di anticorpi (nanocorpi) derivati da una libreria phage-display. In questo saggio, quando l’Ab2β era presente, e la tossina era assente, veniva impedito all’Ab2α, mediante un’inibizione sterica, di attaccarsi all’Ab1. In presenza di tossina, questa si legava ad Ab1 come ad Ab2α. È importante notare che, in questo caso particolare, l’Ab2β non si legava ad Ab1 in presenza di FB1. Il legame di Ab2α ad Ab1 è stato rilevato con un coniugato secondario anticorpo-HRP. Chiaramente, questo format richiedeva un complesso insieme di interazioni. Tuttavia, un suo vantaggio era che la risposta era direttamente proporzionale al contenuto di tossine. Il LOD era di 0.19 ng/ml FB1 e la concentrazione necessaria per dare il 50% del segnale massimo era di 0.68 ng/ml. Gli estratti di mais sono stati sottoposti a clean-up in colonne SPE a forte scambio di anioni prima del test. I recuperi medi da mais spiked a livelli da 10 a 1000 μg/kg variavano dal 71.6 al 115%, con coefficienti di variazione che andavano dal 2.79 al 12.7%. La messa a confronto dei questo metodo con il metodo LC-MS/MS per campioni di mais, grano e riso naturalmente contaminati ha mostrato un’eccellente correlazione tra i due metodi. Mentre il format del saggio è decisamente complesso, e la necessità del clean-up SPE aggiunge tempo significativo al processo, i risultati suggeriscono come questo sia un approccio alternativo per ottenere segnali direttamente proporzionali al contenuto di fumonisina.

La maggior parte dei test di screening si basa sugli anticorpi. Tuttavia, gli anticorpi hanno dei limiti e si continuano ad esplorare nuovi materiali, con l’obiettivo di migliorare le caratteristiche della prestazione. Tra questi materiali annoveriamo quelli basati su oligonucleotidi (aptameri) e i MIP. È stato segnalato un sensore fotoelettrochimico che utilizzava  un MIP per legare FB1 per la sua rilevazione (Mao et al., 2019). Il sensore è stato preparato coprendo prima la superficie di un elettrodo di ossido di indio-stagno (ITO) con CdS QDs, ossido di grafene (GO) e chitosano (CS). Su questa superficie è stato preparato il MIP, utilizzando FB1 come modello per l’imprinting. Prima dell’uso, gran parte dell’FB1 è stato rimosso per eluizione con etanolo. La luce è stata usata per indurre una fotocorrente nel dispositivo. L’FB1 aggiunto ha interagito con il MIP ed ha abbassato la fotocorrente attraverso il dispositivo. Il LOD è stato di 4.7 pg/ml FB1, con un range lineare da 0.01 a 1000 ng/ml. Non è chiaro come sono stati condotti gli esperimenti di spiking e di recupero, ma i recuperi ottenuti da 3 campioni erano tra il 94 e il 106% per il mais e il latte, in un intervallo compreso tra 0.1 e 10 ng/ml. La tecnica appare promettente e trarrebbe vantaggio da ulteriori ricerche sugli effetti della matrice e dall’analisi di campioni naturalmente contaminati. Anche se ci sono notevoli eccezioni, è comune nella letteratura sulle micotossine che i MIP siano sintetizzati con la tossina come modello. Per prevenire l’esposizione durante la sintesi e la lisciviazione della tossina durante l’uso, si incoraggia la ricerca di molecole meno tossiche da usare come impronta.

Gli aptameri continuano ad essere ampiamente studiati come alternativa agli anticorpi. Niazi et al. (2019) hanno sviluppato un nuovo sensore per la misurazione di FB1 e OTA. Il format prevedeva l’impiego di nanoparticelle con una lunga durata di vita della fluorescenza, che permettevano di utilizzare la fluorescenza time-resolved per il rilevamento. Le nanoparticelle fluorescenti sono state legate a nanoparticelle magnetiche attraverso un “ponte” di aptameri. Il legame di FB1 da parte dell’aptamero ha interrotto il complesso. Le nanoparticelle fluorescenti liberate (non magnetiche) sono state separate dal complesso (magnetico) e la fluorescenza del complesso è stata misurata. Il risultato è stato un LOD estremamente basso per FB1 di 0.019 pg/ml (range di rilevamento da 0.0001 a 0.5 ng/ml).

Le sfide nell’analisi delle OTA sono causate per lo più dalle interferenze causate dalle matrici di campioni complessi, che si sovrappongono ai picchi dell’analita, che spengono la fluorescenza o sopprimono la ionizzazione dell’analita per la rilevazione con la MS. Nei solventi puri, l’OTA può essere facilmente rilevata con HPLC nell’intervallo pg/ml, grazie alla sua intensa fluorescenza e all’eccellente ionizzabilità nella ionizzazione elettrospray positiva e negativa, garantendo limiti di rilevazione anche al di sotto di quelli di FLD. Considerando che gli effetti della matrice causano la soppressione del segnale durante ESI, l’OTA è meno predisposta rispetto ad altre micotossine come i tricoteceni, ma è comunque suscettibile. Tenendo presente questo, è ovvio che le procedure per l’estrazione selettiva dell’OTA dalla matrice interferente sono il passo fondamentale per il successo dell’analisi del campione. A tal fine, vengono per lo più utilizzate colonne di immunoaffinità (IAC) in combinazione con HPLC-FLD. Poiché queste colonne sono piuttosto costose e vendute come materiale monouso, Liu et al. (2018) hanno valutato se fosse possibile una riutilizzazione delle IAC per l’estrazione di OTA da malto e zenzero ed hanno studiato quale fosse il miglior parametro per la rigenerazione e il mantenimento della capacità di legame di queste colonne. È interessante notare che gli autori hanno identificato due fattori chiave per una rigenerazione di successo delle colonne IAC. Hanno riferito che il solvente di diluizione aggiunto al campione prima di passare attraverso la colonna è di grande rilevanza ed hanno riportato la seguente classificazione: acqua > tampone fosfato Tween > tampone fosfato salino (PBS). Inoltre, un aggiustamento del pH tra 7 e 8 è stato definito di cruciale importanza. Con questo sistema le colonne IAC hanno mostrato recuperi superiori al 70% per un massimo di otto ripetizioni quando venivano purificati gli estratti di malto, e per un massimo di tre ripetizioni per la purificazione dell’estratto di zenzero essiccato, dopo che le colonne IAC sono state rigenerate (dopo l’eluizione dell’OTA) riempiendole con PBS conservato per una notte a 8°C. Oltre a queste modifiche, sono stati applicati anche i protocolli classici per l’estrazione del campione (metanolo/acqua, 70/30, v/v) e per l’eluizione dell’OTA dalla IAC (metanolo). Gli autori hanno concluso che il riutilizzo delle colonne IAC testate è possibile e riproducibile. Tuttavia, dopo un esame dettagliato dei dati, si può già osservare una significativa diminuzione del recupero durante il terzo clean-up degli estratti di malto e del secondo clean-up dell’estratto di zenzero, abbassando così l’accuratezza e la ripetibilità delle analisi nonostante un recupero superiore al 70%. Inoltre, il trascinamento dell’OTA rimanente (che non è stato completamente eluito) e la discutibile emivita delle cartucce utilizzate, mette in discussione il riutilizzo delle colonne IAC nei laboratori di controllo. In sintesi, se le IAC vengono riutilizzate, questo dovrebbe essere fatto solo a scopo di screening quando viene applicato un isotopo stabile standard marcato come d5-OTA per compensare la ridotta capacità di legatura della IAC.

Negli ultimi cinque anni, gli aptameri sono diventati popolari come alternativa più economica agli anticorpi per lo sviluppo di biosensori. Durante questo periodo di tempo sono stati pubblicati più di 100 articoli riguardanti i nanocorpi, i MIP e gli anticorpi tradizionali per lo sviluppo di nuovi biosensori o di strisce reagenti. Una review del giugno 2019 fornisce una panoramica dei sistemi sviluppati finora (Alhamoud et al., 2019). Gli autori hanno riassunto i metodi disponibili, la loro sensibilità e le matrici testate. Inoltre, vengono discusse le proprietà dei suddetti elementi di rilevazione. Tuttavia, è ancora difficile trovare il miglior test attualmente disponibile per uno specifico scenario, per mantenersi aggiornati con i recenti sviluppi, e soprattutto con la commercializzazione dei metodi pubblicati. Fortunatamente, per l’OTA, così come per altre micotossine, è stato recentemente lanciato il The End Users Sensor Tree (TEST) come sito web (http://test.foodsmartphone.net) che aiuta nella navigazione e nella ricerca dei nuovi protocolli raggiunti (Nelis et al., 2019). L’idea di questo sito web è quella di fungere da guida tra i test disponibili in commercio e di fornire ai lettori gli aspetti positivi e i punti critici dei diversi strumenti analitici, così come di fornire informazioni sulla fonte commerciale e sulla necessaria formazione.

In alternativa alle laboriose colonne IAC, dalla nostra ultima review sono stati pubblicati tre promettenti protocolli relativi all’arricchimento e alla purificazione dell’OTA. Le ciclodestrine sono note per essere in grado di incorporare metaboliti secondari idrofobici come l’OTA in ambienti polari acquosi e di rilasciarli a concentrazioni crescenti di solventi organici non polari. A seguito di una precedente pubblicazione, Appell e altri hanno ottimizzato la sintesi di un polimero poliuretano-β-ciclodestrina-copolimero per una selettiva ed efficiente estrazione  dell’OTA da campioni liquidi, ed hanno utilizzato questo materiale per la preparazione di cartucce SPE (Appell et al., 2018). Per effettuare l’analisi, è stato caricato sulla colonna 1 ml di vino rosso o di succo d’uva, seguito da un lavaggio con 1 ml di acqua e da un’eluizione dell’OTA con 10 ml di metanolo. I recuperi per l’OTA variavano tra il 77.0 e l’89.4% per il vino e tra il 69.1 e l’86.5% per il succo d’uva, confermando così l’idoneità del metodo di purificazione. I cromatogrammi HPLC-FLD pubblicati mostrano solo poche interferenze e dimostrano chiaramente un’elevata efficienza di purificazione. È interessante notare che il metodo riportato non richiede una fase di lavaggio con miscele di acqua e solventi organici. Un aspetto critico del metodo potrebbe essere il volume di eluizione di 10 ml, che è più grande rispetto a quello dei metodi classici SPE e che richiede un evaporatore rotante per una rimozione efficiente prima dell’analisi HPLC. Sarebbe interessante scoprire fino a che punto questa procedura permetterebbe un’analisi simultanea di ZEN e di altre micotossine o metaboliti fungini oltre all’OTA, poiché per lo ZEN è riportata un’interazione con le ciclodestrine. In sintesi, questo metodo è una promettente estensione del portfolio di clean-up dell’OTA, con un potenziale di applicazione sia in metodi mono- ma anche in quelli multi-micotossina.

Una selettività ancora maggiore per l’OTA è stata ottenuta con colonne HPLC caricate con aptameri e non con ciclodestrine. Nella maggior parte dei saggi, gli aptameri legati a nano particelle d’oro (APT@AuNP) sono stati utilizzati per il riconoscimento dell’OTA e sono stati anche adesi a colonne monolitiche come fasi stazionarie. Tuttavia, l’agglomerazione degli AuNP e i forti effetti sulla permeabilità sono stati segnalati come svantaggi di questo approccio. Così, il legame diretto degli aptameri al materiale della colonna è diventato il metodo di scelta, che è stato dimostrato con successo da due gruppi diversi. In precedenza, Chen et al. (2019) hanno polimerizzato polyhedral oligomeric silsesquioxane-methacrylate (POSS-MA) etilenglicole dimetacrilato (EDMA) e aptamero acrilammido-2-metil propano solfonico estere (AMPS-Apt). Utilizzando questi materiali per colonna, hanno ottenuto un buon legame dell’OTA agli aptameri, ma anche il materiale idrofobico della colonna stessa ha mostrato una forte interazione con gli analiti e i componenti della matrice. Con l’aggiunta di linkers idrofili come N,N’-metilene-bis acrilammide (MBA), l’idrofobicità del materiale della colonna potrebbe essere significativamente ridotta, con conseguente diminuzione della ritenzione di composti interferenti provenienti dagli estratti e con una migliore purificazione dell’OTA (Chen et al., 2019). Il POSS con poli(etilenimmina) (PEI) seguito dall’accoppiamento di 5’NH2-aptamero tramite triclorotriazina è un approccio di immobilizzazione alternativo per gli aptameri selettivi dell’OTA (Yu et al., 2019). Anche il carattere idrofilo di questo materiale per colonne e l’elevata densità superficiale, fino a 1.800 pmol di aptamero per microlitro, vengono considerati promettenti; studi con campioni di birra hanno dato risultati analoghi per le colonne POSS-PEI e POSS-EDMA. In entrambi i sistemi di aptameri, sono stati applicati solventi specifici per il carico e l’eluizione. Gli analiti sono stati identificati in base ai loro tempi di eluizione dopo il passaggio nel tampone di eluizione e sono stati rilevati mediante un FLD. Finora sono stati analizzati solo la birra e altre matrici liquide semplici utilizzando questo tipo di colonna. Anche se questi risultati sembrano promettenti, non è ancora chiaro quanto queste colonne siano affidabili nelle analisi di routine quotidiane. Inoltre l’approccio di associare il tempo di eluizione, partendo dalla colonna-aptamero al momento dell’applicazione del tampone di eluizione, al tempo di ritenzione è discutibile, soprattutto quando le caratteristiche della colonna, come il volume vuoto, non sono descritte. D’altra parte, il profilo di eluizione della colonna aptamero potrebbe essere utilizzato per l’applicazione in un sistema SPE online, dove gli estratti di matrici più impegnative vengono prima arricchiti e purificati con aptameri legati a colonne monolitiche e successivamente analizzati con il classico HPLC-FLD o MS in fase inversa. Sarebbe fantastico se una di queste colonne fosse disponibile per un laboratorio di analisi delle micotossine, per riuscire a testare le capacità di questi materiali nei confronti di matrici complesse per il rilevamento dell’OTA come possono essere gli estratti di cacao o di paprika.

Dalla metà del 2018 alla metà del 2019 sono stati pubblicati diversi studi sull’analisi della patulina (PAT): due review generali, quattro metodi basati sugli aptameri e un metodo elettrochimico basato sul MIP. Vidal et al. (2019b) hanno descritto le sfide analitiche che si hanno durante la determinazione della PAT. Poiché la PAT è altamente polare ed ha un basso peso molecolare (154 g/mol), è difficile sviluppare metodi immunochimici a basso costo per la sua individuazione. Il metodo più comune impiega HPLC-UV, anche se i metodi LC-MS/MS sono aumentati di popolarità; tuttavia, le piccole dimensioni della PAT rendono problematica l’interpretazione dei dati delle MS. Gli autori hanno notato che i dati sull’esposizione alla PAT sono difficili da ottenere, in quanto nessun biomarcatore per questa micotossina è stato descritto.

Sadok et al. (2019) hanno pubblicato un articolo di review all’interno del quale vengono discussi i metodi riportati nell’ultimo decennio per l’individuazione della PAT nella frutta e nei prodotti a base di frutta, con particolare attenzione verso la LC accoppiata a rivelatori UV e/o MS. L’articolo trattava anche della preparazione del campione utilizzando LLE, SPE, QuEChERS o MIP per migliorare la pulizia e la pre-concentrazione del campione. L’UHPLC seguita dal rilevamento con MS può essere il metodo di scelta, poiché permette di risparmiare del tempo e di diminuire il consumo del solvente.

Khan et al. (2019) hanno sviluppato una piattaforma aptasensor per il rilevamento di PAT utilizzando un approccio senza marcatori. La preparazione del sensore per l’aptene prevedeva l’elettroinnesto del diazonio sulla superficie di un elettrodo di carbonio funzionante, l’immobilizzazione covalente della carbossiammide polietilenglicole e poi l’immobilizzazione covalente dell’ammina-aptamero. L’aptamero anti-PAT serviva da cancello per il flusso di elettroni, permettendo il passaggio del flusso di elettroni da una sonda redox alla superficie dell’elettrodo quando non era presente PAT nell’estratto del campione. In presenza di PAT, la conformazione tridimensionale dell’aptamero cambiava andando ad ostruire il cancello e riducendo, di conseguenza, il flusso di elettroni verso la superficie dell’elettrodo. L’impedenza del flusso di elettroni era proporzionale alla concentrazione di PAT. Il range lineare era di 1-25 ng/ml e il LOD e il LOQ erano, rispettivamente, di 2.8 e 4.0 ng/l. La selettività del sensore è stata confermata con un mix di micotossine composto da ZEN, OTA, ocratossina B (OTB) e AFB1 in un substrato derivato dal succo di mela. I campioni sono stati vortexati con acetato di etile e centrifugati. Dopo che il surnatante è stato essiccato, diluito con PBS e filtrato, è stata aggiunta la PAT standard. Si è ottenuto un recupero delle micotossine del 99%.

Ma et al. (2018) hanno descritto un test di fluorescenza che prevedeva l’uso di un aptamero  PAT marcato con carbossifluoresceina (FAM) (FAMAptPAT), che è stato adsorbito sulla superficie di un ossido di grafene ridotto magnetizzato (rGO-Fe3O4). Il processo di immobilizzazione spegneva la fluorescenza del FAM, ma in presenza di PAT, il FAM-AptPAT veniva strappato dalla superficie del rGOFe3O4 e la fluorescenza veniva ripristinata. La DNasi I è stata utilizzata per amplificare la fluorescenza, aumentando la sensibilità del metodo per il rilevamento della PAT. In questo metodo viene riscaldata una soluzione tampone FAM-AptPAT contenente NaCl, KCl e CaCl2. Una soluzione di rGOFe3O4 viene miscelata con la soluzione FAM-AptPAT per formare un complesso FAM-AptPAT-rGO-Fe3O4. Vengono aggiunte diverse concentrazioni di PAT, la miscela viene incubata e il FAM aptPAT-rGO-Fe3O4 viene separato magneticamente, dopo di che viene misurata l’intensità di fluorescenza del surnatante. Il ricircolo del target assistito da DNasi I porta ad una forte amplificazione della fluorescenza e di conseguenza ad un saggio con un LOD di 0.28 μg/l, circa 13 volte inferiore a quello ottenuto senza l’uso di DNasi I. Il metodo è rapido, sensibile e selettivo. Tuttavia, l’aptamero e l’enzima marcato con fluoresceina sono costosi.

He e Dong (2018) hanno descritto un saggio basato su aptameri per la PAT. Un elettrodo d’oro (AuE) è stato modificato con un materiale composito a base di nanoparticelle di ZnO (ZnO-NRs) e CS. Il composito ZnO-NRs/CS è stato preparato aggiungendo ammoniaca ad una soluzione di zinco acetato diidrato, riscaldandolo e poi asciugandolo per ottenere ZnO-NRs. ZnO-NRS e CS sono stati dispersi in una soluzione di acido acetico tramite ultrasonicazione, allo scopo di produrre una sospensione omogenea di ZnO NRS-CS. ZnO NRS-CS è stata fatta precipitare ed essiccare sull’AuE utilizzando una lampada a infrarossi, ottenendo così ZnO NRs-CS/AuE. L’elettrodeposizione di nanoparticelle d’oro (DpAu) è stata eseguita per ottenere DpAu/ZnO NRs-CS/AuE che è stata accoppiata con il PAT-Apt per formare Apt/DpAu/ZnO NRs-CS/AuE. Per bloccare i rimanenti siti di legame di DpAu/ZnO NRs CS/AuE è stata applicata sull’elettrodo una soluzione di 6-Mercapto-1-esanolo (MCH). La superficie dell’AuE è stata poi risciacquata accuratamente con tampone Tris-HCl per ottenere MCH/DpAu/ZnO NRs-CS/AuE. In presenza di PAT, esso formerà un complesso con l’aptamero sulla superficie dell’elettrodo che ostacolerà il trasferimento di elettroni dall’elettrodo alla sonda redox esacianoferrato e ridurrà la corrente, tipicamente misurata a 0.176 V (vs Ag/AgCl). Il range lineare andava da 0.5 pg/ml a 50 ng/ml PAT e il limite di rilevazione era di 0.27 pg/ml per la determinazione della Patulina in campioni di succo di mela spiked. I recuperi della PAT aggiunta variavano dal 96 al 105%.

Xu et al. (2019) hanno descritto un saggio impedimetrico basato su aptameri per la PAT, sviluppato dopo la valutazione di vari elettrodi funzionalizzati. Un elettrodo di carbonio vetroso (GCE) è stato preparato dopo modificazione con nanofogli al fosforo nero (BP NSs) e aptameri PAT. L’elettrodo è stato ulteriormente funzionalizzato con AuNP per migliorare le prestazioni del sensore. Il rilevamento della PAT si basava sulla variazione della resistenza di trasferimento degli elettroni sulla superficie GCE modificata. Per il primo elettrodo, il campo lineare andava da 1.0 nM a 1.0 μM, con un LOD di 0.3 nM. Il secondo elettrodo mostrava prestazioni migliori, con un campo lineare più ampio (da 0.1 nM a 10.0 μM) e un LOD più basso (0.03 nM). Entrambi i saggi sono stati utilizzati per analizzare campioni di succo di mela fortificato. Sfortunatamente, gli autori non hanno riportato la sensibilità del saggio e il recupero in unità di concentrazione rilevanti in base alla massa o al volume dei campioni di succo, quindi la rilevanza di questa tecnica per i test di conformità non è chiara. Questo metodo trae vantaggio dall’ampia superficie dei NS BP che aumenta il caricamento di AuNP e aptameri sull’elettrodo, amplificando efficacemente il segnale.

Huang et al. (2019) hanno sviluppato un sensore elettrochimico MIP per la determinazione della PAT. Per costruire il sensore, il grafene sottoposto a doping con azoto (NGE), una soluzione acquosa di nano-particelle di platino (PtNP, H2PtCl6-6H2O), l’acido cloridrico e l’acido ascorbico sono stati ultrasonicati e centrifugati per ottenere un precipitato nero (PtNP-NGE) che è stato poi combinato con N,N-dimetilformammide e tionina. Dopo centrifugazione, i residui sono stati dispersi in acqua per formare una sospensione omogenea di tionina-PtNP-NGE che è stata spalmata su un GCE. Il preparato tionina-PtNP-NGE/GCE è stato immerso nella soluzione PBS contenente tionina, patulina e H2PtCl6-6H2O. Il ciclo di elettropolimerizzazione è stato eseguito 15 volte. Successivamente, l’elettrodo modificato con polimero è stato immerso in acido solforico per rimuovere le molecole di template (PAT) ed è stato ottenuto il MIP/tionina-PtNP-NGE/GCE. La tionina ha agito non solo come monomero funzionale per il MIP, ma anche come indicatore di segnale. Una maggiore sensibilità è stata ottenuta combinando la conducibilità elettrica di PtNPs, NGE e tionina con l’amplificazione multisegnale. Il range di lavoro in PBS era di 0.002-2 ng/ml con un limite di rilevazione di 0.001 ng/ml per PAT in PBS. Il sensore elettrochimico è stato utilizzato per la determinazione della patulina in campioni reali di succo di mela e di succo d’uva. I campioni sono stati fatti passare attraverso un filtro di nylon da 0.22 μm e il filtrato è stato diluito con PBS ed utilizzato per l’analisi. I recuperi sono stati del 100-113% per il succo di mela e del 95-105% per il succo d’uva. La preparazione del campione per l’impiego con questi elettrodi è stata molto semplice, in quanto prevedeva solamente la filtrazione e la diluizione con PBS.

Degli otto articoli più interessanti sull’analisi dei tricoteceni, pubblicati dalla metà del 2018 alla metà del 2019, solo due si occupavano della separazione con cromatografia seguita dalla rilevazione con SM o con UV. Due articoli si concentravano su screening immunochimici, due studi introducevano la rilevazione basata sui biosensori e due pubblicazioni descrivevano uno screening semplice e veloce tramite l’utilizzo della spettroscopia di massa ad infrarossi e la tecnologia del naso elettronico.

L’articolo di Jiang et al. (2018), brevemente discusso nella sezione 3, si è concentrato sulla determinazione di micotossine multiple (di cui nove del gruppo dei tricoteceni) nel mais e nel grano tramite UHPLC-MS/MS, dopo purificazione dell’estratto acquoso di acetonitrile-acido citrico tramite una SPE di nuova concezione basata su nanotubi di carbonio. L’ottimizzazione dei diversi parametri chiave che influenzano le prestazioni della procedura SPE era l’obiettivo principale dello studio, dove le tipologie e i quantitativi di riempimento dei MWCNT e le combinazioni con altri adsorbenti (C18, equilibrio idrofilo-lipofilo, scambio cationico, gel di silice e amino-propil), sono stati di la massima importanza. Alla fine il metodo comprendeva 20 mg di MWCNT carbossilico e 200 mg di C18. I recuperi e le RSD del metodo variavano, rispettivamente, tra 76-107% e tra 0.8-8.2%, con LOQ tra 0.5 e 25 μg/l per tutti i tricoteceni. In linea generale vale la pena sottolineare che la segnalazione dei LOD/LOQ in unità  “da peso a volume” non è molto utile per i lettori; è molto più utile segnalare le caratteristiche di prestazione in base alla massa del campione, perché le prestazioni dell’intero metodo, compresa la preparazione del campione, si riflettono in questa modalità. In questo particolare studio, la matrice equivalente calcolata nell’estratto del campione era di 1 μg/kg, quindi i LOQ erano 0.5-25 μg/kg in base alla massa del campione (Jiang et al., 2018). La combinazione delle caratteristiche dei MWCNT con altri adsorbenti si è dimostrata negli ultimi anni promettente per la SPE. Se confrontato con la maggior parte delle procedure di SPE convenzionali, il metodo sviluppato include solo una fase di manipolazione, cioè il passaggio dell’estratto all’interno di tubi di polipropilene riempiti di adsorbente tra le 2 pareti. Sebbene in questo particolare studio la precisione del metodo sia risultata eccellente, il problema generale di tali metodi di pulizia “fai da te” può essere la minore accuratezza, causata dalla realizzazione di colonne meno ripetibili (specialmente durante la miscelazione e il riempimento con l’adsorbente). Questo problema viene eliminato se si utilizzano prodotti con una simile disposizione “one-step” presenti in commercio; tuttavia ci dobbiamo aspettare dei costi significativamente più elevati.

Un metodo basato sulla HPLC-UV per la determinazione simultanea di DON, nivalenolo (NIV) e dei loro glucosidi 3-β-D (DON-3G) e NIV-3-glucoside (NIV-3G) in alimenti per bambini e vino di riso Coreano è stato sviluppato da Lee et al. (2019). Il metodo prevedeva l’estrazione con acqua/acetonitrile, la purificazione per immunoaffinità tramite colonne DON-NIVWB (Vicam, Milford, MA, USA), la separazione con HPLC su una colonna C18 con gradiente acquoso acido formico/metanolico e la rilevazione con UV. L’accuratezza del metodo, espressa come recupero degli analiti, variava dal 79 al 107%, la RSD era inferiore al 12% per tutti gli analiti e i LOD e LOQ erano, rispettivamente, inferiori a 4.4 e 13.3 μg/kg. Il metodo validato è stato applicato con successo durante l’analisi di 31 formule per bambini e vini di riso commercializzati in Corea, rivelando la presenza di DON-3G e NIV-3G in un campione di formula per bambini, con livelli di concentrazione di 13.5 e 9.8 μg/kg, rispettivamente. Il punto di forza del metodo sta nella possibilità di quantificare entrambi i tricoteceni di tipo B glicosilati, anche a basse concentrazioni e in matrici alimentari piuttosto complesse. Mentre gli standard analitici per il DON-3G sono disponibili in commercio, i glucosidi di altri tricoteceni, compreso il NIV-3G, non sono ancora disponibili per l’acquisto. Ai fini di questo particolare studio, il NIV-3G standard è stato sintetizzato enzimaticamente e purificato presso l’ente del coautore.

Passando dai metodi cromatografici allo screening immunochimico, esistono due studi che si sono concentrati sulla rilevazione del DON in diverse matrici alimentari e mangimi. Il primo studio di Zhou et al. (2019) descrive lo screening per la ricerca del DON nella birra e negli astratti di mais mediante immunodosaggio competitivo indiretto con anticorpi marcati con l’europio e nanoparticelle magnetiche. Dopo l’incubazione dell’estratto del campione (o DON standard) con l’anticorpo primario policlonale DON, la marcatura dell’anticorpo secondario con Eu3+ e il rivestimento del DON-BSA con nanoparticelle magnetiche, la piastra è stata posizionata sopra un magnete e il surnatante è stato scartato. Dopo l’aggiunta della soluzione di potenziamento, è stata misurata la fluorescenza di Eu. Questo metodo molto semplice e veloce, insieme ad un range lineare relativamente ampio (da 0.05 a 100 ng/ml), rende questo metodo adatto per uno screening eccellente del DON nei campioni di cereali. Purtroppo non è stata esaminata la reattività crociata verso alcuni derivati importanti del DON, come il 3-acetil-deossinivalenolo (3-ADON), il 15-acetil-deossinivalenolo (15-ADON) e il DON-3G, cosa che potrebbe indirettamente causare un’errata interpretazione dei dati ottenuti. Questo è un aspetto particolarmente cruciale se parliamo di birra, dove ci aspettiamo la presenza dei derivati del DON (come il DON-3G proveniente dal malto), quindi una sovrastima della concentrazione di DON è altamente probabile.

Nello studio di Kong et al. (2019), per l’analisi quantitativa del DON in vari campioni di alimenti complessi e di mangimi, sono stati messi a punto un test ELISA competitivo indiretto e un test LFD. Le diverse miscele di solventi ecologicamente compatibili a base di PBS, etanolo e acqua sono state testate per l’estrazione del DON, con recuperi che andavano dal 67 al 137%. A differenza dello studio precedente, gli autori hanno prodotto il proprio anticorpo monoclonale anti-DON e ne hanno testato la reattività crociata contro il DON acetilato e altri tricoteceni di tipo B e A (250 e 1.4% per 3-ADON e 15-ADON, e meno dello 0.1% per NIV, fusarenone X, tossina HT-2 (HT-2), tossina T-2 (T-2) e diacetossiscirpenolo (DAS)). Purtroppo la reattività crociata a DON-3G non è stata esaminata. I LOD erano 0.24-0.66 μg/kg per l’ELISA, e 2.0-47 μg/kg per l’LFD, a seconda del particolare solvente utilizzato durante l’estrazione. La variabilità della capacità di rilevazione era probabilmente attribuibile alla diversa composizione delle interferenze della matrice estratta con solventi con diverse proprietà fisico-chimiche. Nonostante il metodo ELISA abbia fornito risultati più sensibili e stabili, il vantaggio principale dell’LFD era la possibilità di quantificare i risultati anche senza la necessità di un lettore di strip (i LOD visivi erano 10-150 μg/kg), e la semplice manipolazione effettuabile “in loco” anche da parte di operatori meno esperti. Sebbene l’acqua distillata o il PBS siano solitamente sufficienti per un’estrazione efficace del DON, gli autori dello studio hanno ottimizzato le suddette miscele di estrazione per estendere, in futuro, l’impiego di tale metodo all’individuazione multipla di altre micotossine meno polari.

Altri due studi selezionati miravano a quantificare il T-2 in varie matrici complesse utilizzando biosensori, in particolare immunosensori elettrochimici (Wang et al., 2018b), e nanocluster di aptameri funzionalizzati con trasferimento di energia per risonanza a fluorescenza (FRET; Khan et al., 2018). Il metodo di Wang et al. riporta l’analisi condotta per il T-2 nei mangimi animali e nella carne suina, durante la quale, per il rilevamento del segnale, sono stati messi a punto ed impiegati l’immunosensore elettrochimico basato su AuNP, nanotubi di carbonio a parete singola funzionalizzati a gruppo carbossilico e chitosano (AuNPs/cSWNTs/CS). Il meccanismo di rilevazione era rappresentato da un legame competitivo indiretto dell’anticorpo anti-T-2 al T-2 libero presente nell’estratto standard o del campione, e dalla T-2-ovoalbumina immobilizzata sulla superficie dell’immunosensore elettrochimico. La quantità di tossina T-2 è stata quantificata attraverso il segnale elettrochimico indotto dal legame dell’anticorpo secondario marcato con l’enzima e dalla reazione appropriata del substrato. Il limite di rilevazione è stato di 0.13 ng/ml (corrispondente a 3.25 ng/g, quando calcolato sull’equivalente della matrice nell’estratto del campione). Il metodo sviluppato è stato verificato tramite l’analisi della presenza del T-2 nei mangimi e nelle carni suine, ed ha mostrato recuperi soddisfacenti compresi tra il 91 e il 102%. La specificità dell’immunosensore sviluppato è stata testata nei confronti di altre tre micotossine, tra cui DON, NIV e neosolaniolo, e i valori del segnale sono apparsi trascurabili. Tuttavia, la valutazione della reattività crociata verso composti più strutturalmente simili, come HT-2, sembrerebbe essere più significativa.

Khan et al. (2018) hanno sviluppato un metodo per una rilevazione sensibile del T-2 negli estratti di grano e di mais, basandosi su aptameri con sintesi one-pot in nanocluster di argento funzionalizzati (apt-AgNC) e sulla rilevazione fluorescente del T-2, basata sul principio del FRET. Nel saggio, l’apt-AgNCs agisce come un donatore di energia, sviluppando una fluorescenza, che viene interrotta da un nanofoglio di disolfuro di molibdeno, che agisce come accettore di fluorescenza. L’introduzione del T-2 porta poi al desorbimento degli apt-AgNC dal nanofoglio e al recupero della fluorescenza, in maniera dipendente dalla concentrazione di tossine. Il metodo sviluppato ha mostrato una quantificazione dinamica molto ampia di 0.005-500 ng/ml, e un LOD molto basso di 0.93 pg/ml (corrispondente a 9.3 pg/g di matrice del campione originale). La selettività del metodo è stata testata esaminando le intensità di fluorescenza per DON, FB1, AFB1, ocratossina C, OTB e ZEN. La risposta per queste micotossine non ha superato il 20% della risposta per il T-2.

In linea generale, si può affermare che i biosensori sembrerebbero fornire un metodo di analisi semplice e molto sensibile per l’individuazione dei tricoteceni e sarebbero un’alternativa ai metodi basati sull’immunochimica e agli approcci strumentali basati sulla cromatografia. Tuttavia, i metodi cromatografici rimangono ancora i test gold standard e il miglior strumento in termini di selettività, conferma e rilevazione multipla di micotossine.

Gli ultimi due studi citati in questa sezione miravano ad una rapida individuazione della presenza di micotossine mediante metodi non distruttivi di fingerprinting, con requisiti minimi in termini di preparazione dei campioni e di costose strutture di laboratorio. Entrambi gli studi si concentravano sull’analisi del DON in campioni di crusca di frumento ed hanno valutato l’affidabilità della classificazione dei campioni in 2 gruppi: “al di sotto” e “al di sopra del limite massimo”, considerando che il limite massimo stabilito dell’UE per la crusca di frumento è di 750 μg / kg (De Girolamo et al., 2019; Lippolis et al., 2018). Nel primo studio di De Girolamo et al., è stata studiata l’applicabilità della spettroscopia del vicino infrarosso in trasformata di Fourier (FTNIR) e del medio infrarosso (FTMIR), in combinazione con metodi chemiometrici avanzati come l’analisi discriminante i minimi quadrati parziali e l’analisi discriminante della componente lineare principale. A seconda del modello di classificazione, i tassi di discriminazione complessivi andavano dall’87 al 91% per FTNIR e dall’86 all’87% per la FTMIR (De Girolamo et al., 2019). Nel secondo studio di Lippolis et al. (2018) la previsione della contaminazione da DON è stata realizzata tramite l’impiego del naso elettronico basato su un semiconduttore ad ossido di metallo, unitamente all’analisi della funzione discriminante. La capacità di riconoscimento del modello sviluppato validato era dell’89%. Inoltre, numerosi marcatori, principalmente l’estere etilico dell’acido acetico e il 2,3-butandiolo, spesso associati ad un incremento del contenuto di DON, sono stati identificati con una tecnica HS-SPME/GC-MS (Lippolis et al., 2018). Entrambi questi approcci di screening rapido esaminati, unitamente ad un adeguato modello matematico-statistico, si sono rivelati uno strumento utile per una rapida valutazione della conformità dei quantitativi di DON alle normative stabilite dall’UE, ed hanno il potenziale di ridurre l’onere economico dei laboratori diminuendo il numero delle costose analisi strumentali.

La letteratura scientifica pubblicata da metà 2018 a metà 2019 sulla rilevazione dello ZEN in alimenti, mangimi e fluidi biologici, può essere descritta come fortemente agli antipodi. Da un lato, vengono impiegati metodi LC-MS avanzati per analizzare la presenza di ZEN, unitamente ad una serie di altre micotossine e tossici alimentari, nell’ambito di un approccio multi-tossina. Dall’altro, sono state proposte una serie di metodologie basate sull’immunità per lo sviluppo di saggi di rilevazione rapida.

Le prestazioni dei metodi multi-tossici basati sulla MS stanno migliorando di anno in anno in termini di numero di analiti coperti, sensibilità e parametri di controllo della qualità, e gli strumenti necessari stanno diventando sempre più economicamente convenienti, consentendo così una rapida diffusione di tali metodi dalla comunità accademica ai laboratori di controllo che eseguono analisi di routine. Di conseguenza gli studi focalizzati sul rilevamento del solo ZEN, tramite MS e cromatografia, stanno rapidamente diminuendo. Tuttavia, il numero di articoli che propongono metodi rapidi o biosensori per il rilevamento dello  ZEN negli alimenti e, soprattutto, nei mangimi, è in costante aumento.

In considerazione dell’elevata sensibilità dovuta al meccanismo di interruzione della fluorescenza, la tecnologia QD viene spesso sfruttata per lo sviluppo di LFD. Tuttavia, la principale insidia nella maggior parte degli studi pubblicati finora, risiede nel fatto che i parametri di rilevazione degli LFD, basati sui QD, sono spesso testati solo su soluzioni di micotossine, senza la messa a punto di una valutazione approfondita delle prestazioni del metodo nel tempo e in condizioni reali. Pertanto, sebbene molto promettente, tale approccio dovrebbe effettuare un passo successivo per la convalida, prima di entrare nel mercato ed essere utilizzato per le analisi di routine. Tra i progressi segnalati in letteratura quest’anno, Li et al (2018) hanno proposto un interessante miglioramento dei saggi basati sui QD per lo sviluppo di un LFD basato su nanoparticelle di carbonio e su un sistema FRET a nanoparticelle d’argento. Il meccanismo molecolare sottostante prevede un trasferimento di energia dalle nanoparticelle di carbonio emittenti a 459 nm verso nanoparticelle d’argento che assorbono a 430 nm. La coniugazione delle nanoparticelle di carbonio con ovalbumina (sonda del segnale del donatore) e delle nanoparticelle d’argento con un anticorpo specifico per lo ZEN (sonda del segnale dell’accettore), ha permesso il rilevamento dello ZEN nei cereali con LOD nell’intervallo 1-2.5 μg / kg. Sebbene promettente, il sistema è stato testato soltanto su un numero limitato di campioni e la reattività crociata è stata testata solo per micotossine strutturalmente non correlate (ovvero AFB1, T-2, OTA, DON, FB1). Un saggio simile è stato descritto durante l’applicazione di particelle imprintate con ZEN, basata sull’incapsulamento di QD di carbonio con elevate proprietà di luminescenza, in una matrice di silica idrofila (Shao et al., 2018). I vantaggi di tali particelle QD rispetto ad altri QD si riscontrano nell’eccellente capacità di interrompere la fluorescenza molecola-specifica, responsabile della buona sensibilità (LOD: 20 μg/l come S/N 3:1) del sistema proposto. Tuttavia, sebbene i parametri di validazione riportati dagli autori siano stati soddisfacenti in termini di recupero (78-105%) e specificità, va detto che le prestazioni del metodo sono state testate solo su campioni spiked di mais. Inoltre, la specificità è stata messa in discussione nei confronti di altre micotossine, senza tener conto della possibile interferenza generata dai composti con strutture simili.

Una promettente strategia di bioprinting è stata seguita da Pidenko et al. (2018). Dopo una fase di denaturazione, le proteine sono state riorganizzate come scaffold per la generazione di cavità leganti ad elevata specificità per lo ZEN. Il bioprinting è stato ottenuto utilizzando lo zeralenone come composto modello e la glutaraldeide come agente reticolante. Successivamente, la proteina è stata immobilizzata su una piastra di micropozzetti (o preparata in una provetta) ed utilizzata per rilevare lo ZEN in campioni di mais e grano naturalmente infetti, con livelli di contaminazione di circa 100 μg/kg. Lo stesso gruppo ha inoltre sfruttato l’approccio di bioprinting, unitamente al rilevamento di QD, per il miglioramento di un saggio di immunoassorbimento multiplo per la rilevazione simultanea di ZEN e DON nel grano e nel mais (Belaglazova et al., 2019). LOD di 100 μg/kg per lo ZEN e di 700 μg/kg per il DON sono stati ottenuti in campioni naturalmente infetti e i risultati sono stati confermati con successo tramite LC-MS/MS.

Sebbene sia ancora preliminare, la progettazione di proteine bioprinted può offrire un’alternativa al rilevamento e al clean-up basati sugli anticorpi. Poiché il sito di legame è stabilizzato da legami crociati covalenti, tali proteine possono superare i vari problemi tecnici che presentano gli anticorpi, come l’instabilità verso le variazioni di pH e di temperatura. Pertanto, il bioprinting può essere visto come un promettente sostituto dell’utilizzo degli anticorpi monoclonali e policlonali nella rilevazione dell’immunoaffinità.

La progettazione degli aptameri è un’altra strategia che si basa sul riconoscimento e, negli ultimi anni è stata spesso proposta per il rilevamento dello ZEN. Di solito, gli aptameri vengono costruiti utilizzando un’evoluzione sistematica dei ligandi tramite metodologie di arricchimento esponenziale. Il design viene ottimizzato per avere un’elevata selettività e una buona specificità. Tra gli studi di ricerca condotti sul campo nel corso dell’ultimo anno, Luo et al. (2019) hanno svolto un interessante lavoro, sviluppando un aptasensore basato sulla chemiluminescenza auto-potenziata. Il luminoforo è stato ottenuto combinando nanoparticelle di silice amine-functionalised Ru(bipiridil)32+e QD-NGE. Il principale vantaggio del sistema è stato ottenuto in larga parte grazie alla combinazione delle sonde donatrici ed accettrici sulla stessa nanoparticella, vista la breve distanza di trasferimento degli elettroni e la diminuzione della perdita di energia, causando nel complesso una maggiore efficienza della luminescenza e quindi una maggiore sensibilità. Sebbene testato solamente su scala preliminare di laboratorio, il test ha mostrato una sensibilità impressionante, raggiungendo un LOD di 1 pg/l per la soluzione standard di ZEN.

Una strategia innovativa per l’individuazione dello ZEN basata su saggi biologici, prevede l’utilizzo di cellule batteriche di Photobacterium phosphoreum come elemento biosensibile (Senko et al., 2019). P. phosphoreum è un batterio gram negativo bioluminescente che si trova spesso in ambiente marino. Può emettere luce blu-verde (490 nm) in seguito ad una reazione tra flavina mononucleotide, luciferina e ossigeno, catalizzata dalla luciferasi. La reazione può essere annullata dai composti citotossici, pertanto le cellule bioluminescenti possono perdere la loro luminescenza se esposte a numerosi agenti tossici, tra cui micotossine o pesticidi. Il principale miglioramento sottolineato da questo lavoro è legato all’immobilizzazione delle cellule di P. phosphoreum in poli(vinil alcol), consentendo così il rilevamento anche in condizioni di flusso continuo. Il saggio bioluminescente a flusso continuo proposto ha permesso di ridurre il tempo complessivo dell’analisi da 30 a 10 minuti. Il test è stato inizialmente messo a punto utilizzando una soluzione standard di ZEN preparata in acqua, con range di concentrazione compreso tra 0.026-16.7 mg / l. Tra le possibili applicazioni future, l’utilizzo di questo saggio per dimostrare la detossificazione enzimatica delle micotossine è particolarmente interessante. Sebbene sia necessaria un’ottimizzazione dei parametri analitici e una più ampia validazione prima dell’applicazione nella vita reale, il documento ha dimostrato il potenziale dell’utilizzo di cellule bioluminescenti immobilizzate per la determinazione dello ZEN e di altre micotossine. Per poter esplorare completamente il campo di applicazione di questa strategia, dovrebbe essere valutato anche l’effetto sulle micotossine multiple, che spesso si osservano nei campioni.

Come già riportato negli anni precedenti, FP viene spesso utilizzato per la rilevazione di micotossine, come ZEN e OTA. Dalle prime applicazioni in campo, i test FP hanno ottenuto grandi progressi, grazie agli sviluppi ottenuti nel campo della scienza dei materiali e nelle tecniche di marcatura, come recentemente descritto nel documento di review di Zhang et al. (2019c). Recentemente è stato descritto un innovativo test FP per la rilevazione dello ZEN, delle sue forme modificate ZAN, α-ZEL, β-zearalenolo, α-zearalanolo e β-zearalanolo, nonché di AFB1, AFB2, AFG1 e AFG2 nella farina di mais (Zhang et al ., 2018b). Gli autori hanno messo a punto un dosaggio immunologico FP a doppia lunghezza d’onda, omologo e ad elevato rendimento, utilizzando diversi marcatori con fluoresceina ed anticorpi ampiamente specifici, consentendo la rilevazione di gruppo delle due classi di micotossine. In particolare, i valori di LOD nelle analisi di gruppo dei campioni di farina di mais erano di circa 5 μg/kg per le aflatossine e di 11 μg/kg per lo ZEN e le sue forme modificate. I risultati ottenuti nel test sono stati confermati con successo dalla LC-MS/MS. Visto anche il breve tempo necessario per l’analisi multi-micotossina effettuata(complessivamente, < 30 min), il saggio FP proposto rappresenta uno strumento promettente per lo screening delle micotossine originali e di quelle modificate presenti negli alimenti e nei mangimi, ancor prima dell’analisi multi-micotossina di conferma basata sulla SM.

Oltre ai biosensori, sono stati proposti diversi sensori ottici per il rilevamento dello ZEN, sfruttando di solito la sua fluorescenza naturale. Llorent-Martinez et al. (2019) hanno proposto un opto-sensore a flusso continuo, che si basa su un collettore multi-commutato dotato di microsfere in grado di trattenere lo ZEN. Il segnale fluorescente dello ZEN è stato misurato durante la fase solida, raggiungendo livelli di sensibilità adeguati ed utili a soddisfare i limiti massimi stabiliti dall’UE per i mangimi (CE, 2006b). Il sistema di rilevamento è stato testato con mangimi naturalmente infetti, utilizzando una procedura QuEChERS per la preparazione del campione. L’opto-sensore proposto rappresentava uno strumento di rilevamento rapido e facile da gestire per la valutazione dello ZEN nei mangimi. Il vantaggio principale del sistema era che non richiedeva anticorpi o altri agenti biosensibili, e che mostrava una maggiore stabilità in presenza di fluttuazioni (come quelle che si hanno nella vita reale) di pH, temperatura e umidità.

Tra le tecniche spettroscopiche, la spettroscopia Raman è stata spesso proposta per l’analisi delle micotossine. Tuttavia, a causa della bassa sensibilità di questa tecnica di fingerprinting se paragonata a quella della cromatografia, solitamente è necessaria una notevole gestione dei dati chemiometrici. Guo et al. (2019b) hanno esplorato la fattibilità di uno screening basato sulla Raman per rilevare lo ZEN nel mais. Diversi modelli multivariati sono stati costruiti e confrontati per il trattamento dei dati, tra cui minimi quadrati parziali (PLS), synergy interval PLS (siPLS) e colony optimisation PLS (ACO-PLS). Il modello migliore si basava sui siPLS-ACO per la sua accuratezza. Il LOD era insoddisfacente secondo gli autori; tuttavia, non sono stati forniti valori a sostegno di questa affermazione. Oltre alla scarsa sensibilità, un altro svantaggio importante è l’ampia analisi dei dati richiesta, che può essere eseguita solamente da personale qualificato. Tuttavia la spettroscopia Raman, associata ad analisi statistiche multivariate, consente un’analisi non distruttiva in-situ di grandi lotti di campioni, mostrando così un buon potenziale come strumento di screening ad elevata produttività da impiegare a livello industriale.

Kerri Pleskach ha fornito l’aiuto editoriale nella preparazione del manoscritto. In questa pubblicazione, la menzione di marche o prodotti commerciali ha il solo scopo di fornire informazioni specifiche e non implica l’esistenza di raccomandazioni o sponsorizzazioni da parte dell’U.S. Department of Agricolture. L’USDA fornisce pari opportunità e lavoro. Il contributo di M. Stranska è stato supportato dall’Operational Programme Prague – Competitiveness (CZ.2.16/3.1.00/21537 e CZ.2.16/3.1.00/24503), dal  National Programme of Sustainability I (NPU I LO1601), e dal Ministry of Education, Youth and Sports (progetto No 8E18B045).

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